L’Assiolo, il sorprendente elfo dei campeggi
Testo e foto di Roberto Guglielmi

Da poco giunti dall’Africa per nidificare e covare, maschi e femmine si impegnano nei vocalizzi pre-riproduttivi. Allo spuntare delle stelle si alza il richiamo breve e penetrante dell’assiolo
Per due estati consecutive, nel 2016 e nel 2017, ho passato le mie ferie in un campeggio, “Tenuta Primero”, nei pressi di Grado (GO), in Friuli-Venezia-Giulia. Si tratta di un’area litoranea, posta a Sud delle foci dell’Isonzo, nelle vicinanze di un piccolo porticciolo turistico. Lo spazio retrostante la spiaggia è occupato da un boschetto artificiale, costituito in prevalenza di Pioppi bianchi Populus alba e Olmi Ulmus spp., piantati in modo geometrico, che assicurano ai villeggianti la giusta frescura durante l’afa estiva. Il campeggio copre un’area di 16 ettari ed è molto frequentato, soprattutto da giugno ad agosto. Ad aprile, invece, quando apre i battenti, esso si presenta come un’oasi di pace, dove si scorgono qua e là rare roulotte e ancor più rare tende. In quel mese, la sera, è tutto un concerto di Assioli Otus scops, da poco giunti dall’Africa e impegnati nei vocalizzi pre-riproduttivi, che possono vedere maschi e femmine protagonisti di duetti musicali serrati, durante i quali, appunto, entrambi i sessi emettono il caratteristico chiuu-chiuu, ripetuto ad intervalli regolari. In questo periodo di intense emissioni sonore può accadere addirittura che i (pochi) campeggiatori si presentino in direzione per protestare vivacemente contro gli invisibili disturbatori della quiete privata, chiedendo ai responsabili del campeggio di intervenire per far tacere gli eccitati uccelli notturni. Sorvolando sulle cause di questa terribile insofferenza umana verso i pochi elementi selvatici che ancora sono rimasti nei nostri ambienti artificiali – che la dice lunga su quanto la nostra specie si sia allontanata dalla natura –, cerchiamo piuttosto di capire in che modo un campeggio pieno di gente può attrarre un rapace notturno, l’Assiolo – che pure ama la pace e il silenzio -, fino al punto di indurlo a scegliere uno sito del genere per mettere su famiglia, perché è di questo che voglio parlarvi.
L’Assiolo, animatore notturno del campeggio
L’Assiolo è un piccolo strigide (la famiglia che comprende quasi tutti i rapaci notturni), lungo una ventina di centimetri e dall’apertura alare di mezzo metro. Si tratta dell’unico rappresentante europeo del genere Otus, il più vasto dell’Ordine degli Strigiformi, che include oltre cinquanta specie. Il nostro Assiolo è un tipico uccello mediterraneo, amante del clima caldo e secco, che frequenta zone con alberi sparsi, campagne coltivate, uliveti. La sua dieta si compone di grossi insetti, come grilli, coleotteri, cicale, ed altri. Oltre ad aver bisogno di zone con una entomofauna rigogliosa, l’Assiolo ricerca aree dotate di alberi con cavità naturali abbastanza voluminose, dove la femmina depone le sue canoniche 3-4 uova. Il nostro campeggio possiede entrambe le cose: di notte, quando gli assioli sono attivi, pullula di succulente falene, e ospita pioppi che, negli anni, sono stati potati in modo tale da favorire l’ingrossamento del tronco e la conservazione di spaziose cavità al suo interno. Tutto questo è stato fatto per impedire agli alberi di crescere troppo in altezza, cosa che li renderebbe molto vulnerabili al potente vento di bora che spira sovente a queste latitudini, con il rischio di far schiantare i fusti su tende e roulotte dei clienti del campeggio. Poco male se l’eterogenea combriccola umana rende il campeggio un posto poco attraente per un animale tanto elusivo; la confusione, qui, regna sovrana solo di giorno, quando il nostro Assiolo se ne sta fermo e immobile sul suo posatoio, o all’ingresso del nido, contando, per non essere scoperto, sull’effetto mimetico del suo piumaggio screziato, che lo rende tanto simile alla corteccia di un albero, con i ciuffetti auricolari sollevati, tanto da farlo sembrare un ramo spezzato. Di notte, invece, nel campeggio lo scenario cambia: la gente si rintana nelle tende e nelle roulotte e l’Assiolo può prendersi tutta la scena, cercando indisturbato le sue prede tra le chiome degli alberi.
Estate 2017: ora si fa sul serio
Dopo aver trascorso l’estate del 2016 ad ascoltare le tracce sonore dei miei assioli, inseguendone invano le ombre da un albero all’altro, nel 2017 ho deciso di fare sul serio, e già nel mese di aprile ho fatto uno screening di tutte le cavità che per me potevano essere potenzialmente idonee ad ospitare nidi di Assioli, mappandole sulla carta. Una volta a settimana, in primavera, e quasi tutte le sere, in estate, all’imbrunire, quando gli Assioli entrano in attività, ho visitato tutte le cavità da me censite, in tutto una dozzina. Questo lavoro certosino non poteva che dare i suoi frutti. Già dal mese di aprile ero in grado di stabilire quali fossero le cavità frequentate dai rapaci; spesso, infatti, trovavo i miei assioli affacciati alla cavità del presunto nido. Le fasi culminanti della ricerca si ebbero tra la fine di giugno e la prima decade di luglio, quando riuscii a trovare due nidi con pulli ormai grandicelli, i quali, già prima del crepuscolo e, in alcuni casi, in pieno giorno, erano soliti affacciarsi alle cavità di nidificazione. Ero raggiante. Finalmente quelle che per me l’anno prima erano solo delle ombre, ora erano diventati animali in carne ed ossa, pronti a rivelarmi i segreti della loro vita più intima.
La prima nidiata, composta da tre pulli, lasciò il nido il 1° di luglio, quando vidi i tre batuffoli, con il piumaggio non ancora completo, arrampicarsi su per i rami e il tronco principale del pioppo dove c’era il nido. La seconda nidiata – anch’essa composta di tre pulli – abbandonò il nido il 10 luglio, e, anche in quel caso, i piccoli si arrampicarono sui rami dell’albero, ancora una volta un pioppo, rimanendo in attesa dei genitori. Le due coppie di Assioli avevano scelto, per nidificare, due pioppi che si trovavano ad una distanza reciproca di soli 36 metri; evidentemente il cibo era abbondante e gli Assioli, pur essendo fortemente territoriali, avevano scelto di porre i nidi ad una distanza non così elevata l’uno dall’altro.
Il piccolo precoce, e un raggio di luce sull’evoluzione
Ho seguito con attenzione la fase finale della nidificazione della prima coppia, appostandomi nei pressi del nido, poco prima dell’imbrunire, per osservare gli arrivi dei genitori con le prede; ogni 10 minuti un genitore arrivava con una bella falena nel becco, da consegnare ad uno dei piccoli. Durante uno di questi appostamenti, vedo che uno dei tre pulli è molto intraprendente ed esce dal nido, rimanendo pericolosamente in bilico sul tronco; ad un certo punto decide di fare un balzo verso un altro ramo, pur non sapendo ancora volare, e atterra malamente su di una fronda troppo esile, che si piega sotto il suo peso, lasciandolo a testa in giù. L’assiolo resta in quella posizione per diversi secondi, poi si lascia cadere al suolo, dove l’impatto è comunque attutito da un’altezza non elevatissima – circa 4 metri – e dal fatto che, durante la caduta, l’uccello ha comunque usato gli abbozzi delle ali come paracadute. A quel punto mi avvicino allo sfortunato giovane assiolo, per recuperarlo, poi me ne allontano per andare a prendere la macchina fotografica, per immortalarlo nel suo tipico atteggiamento terrifico; sto via pochi secondi, ma, quando torno, vedo la scena più incredibile alla quale avrei potuto assistere: il piccolo assiolo, incapace di volare, azionando contemporaneamente le zampe e le ali, è in grado di darsi la spinta necessaria per arrampicarsi sul tronco verticale del pioppo, fino a raggiungere il nido, rimettendosi da solo in sicurezza. È per me una rivelazione. Mi ricordo di aver letto il bellissimo libro del biologo della conservazione Thor Hanson, dal titolo “Piume”, nel quale l’autore, nel capitolo dedicato all’origine del volo negli uccelli, parla delle clamorose scoperte dell’ornitologo Ken Dial, il quale, studiando lo sviluppo del volo nei pulcini di Ciukar, un uccello della famiglia dei fagiani, si rese conto che questi pulcini, durante la crescita, imparano via via ad arrampicarsi lungo piani inclinati, con angolazioni sempre più spinte, utilizzando una tecnica di locomozione che lo stesso Ken ha chiamato WAIR (Wing-Assisted Incline Running), ossia “corsa su superfici inclinate con l’aiuto delle ali”. Questa scoperta ha aperto uno scenario nuovo sull’origine del volo negli uccelli, per cui pare probabile che i piccoli dinosauri teropodi piumati, bipedi e terricoli, abbiano utilizzato inizialmente i loro arti anteriori, in fasi intermedie dell’evoluzione del volo, per darsi la spinta per arrampicarsi sugli alberi o fare balzi, e solo successivamente – quando le ali diventarono un vero strumento aerodinamico, con i potenti muscoli pettorali a garantire la propulsione – abbiano imparato a volare.
Quell’estate i piccoli assioli mi insegnarono tanto, più di quanto potessi immaginare. In particolare, quel precoce assiolo che si era lanciato nel vuoto, per bruciare le tappe, ansioso di cominciare la sua nuova vita, mi aveva riportato d’incanto all’Era Mesozoica, gettando un raggio di luce imprevisto sul mistero dell’evoluzione.
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