Canapa: l’energia rinnovabile

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La canapa non è solo una delle migliori fonti di energia rinnovabile a nostra disposizione: è una delle migliori armi che abbiamo per combattere l’inquinamento, ridurre gli effetti devastanti dell’uomo sul clima e in generale contribuire a creare un modello sostenibile di sviluppo economico.

1. Della canapa non si butta via niente

La canapa è considerata come il maiale vegetale perché è una pianta che può essere utilizzata in tutte le sue parti: non si butta via niente. Alle produzioni derivanti dalle coltivazioni di canapa si può infatti facilmente applicare il concetto di bio-raffineria. Una bio-raffineria si può intendere come un sistema integrato che serva alla produzione di energia e prodotti chimici a partire dalle biomasse. Una sorta di percorso virtuoso all’interno del quale tutte le parti della pianta, scarti compresi, vengono utilizzate per essere trasformate in qualcosa di nuovo.

2. Assorbimento CO2

Quest’ultima azione avviene tramite varie fasi. In fase di crescita la canapa cattura 4 volte la CO2 immagazzinata dagli alberi, utilizzata in edilizia sequestra CO2 e utilizzata nella riqualificazione energetica degli edifici riduce le emissioni di CO2. Gli edifici infatti hanno un ruolo centrale nel raggiungimento dei target sul taglio delle emissioni che l’Unione europea si è data al 2020. Essi, infatti, rappresentano circa il 40% dell’energia primaria che viene consumata. La canapa è capace di catturare più CO2 dall’atmosfera di quella che viene prodotta durante la lavorazione, al contrario della lavorazione dei materiali tradizionali come il cemento, per i quali viene immessa CO2 nell’atmosfera in tutte le fasi della lavorazione. Si stima che una tonnellata di canapa secca possa sequestrare 325 kg di CO2. Un ulteriore risparmio energetico e di emissioni di CO2 è dato dalla capacità che il bio-composito ha di mantenere l’ambiente interno della casa, caldo in inverno e fresco in estate, mantenendo una temperatura costante anche con grandi escursioni termiche esterne. Inoltre, tutta la struttura alla fine del suo ciclo vitale, può essere riciclata.

3. Fonte inesauribile di energia rinnovabile per limitare deforestazione e uso di combustibili fossili

Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, la canapa è il produttore di combustibile da biomassa che richiede meno specializzazione sia nella coltivazione, sia nella trasformazione di tutti i prodotti vegetali. Gli idrocarburi in canapa possono essere trasformati in una vasta gamma di fonti di energia da biomassa, dal pellet ai combustibili liquidi e a gas. Ovviamente lo sviluppo dei biocarburanti potrebbe ridurre significativamente il nostro consumo di combustibili fossili e l’utilizzo di energia nucleare. ll biodiesel di canapa è uno dei combustibili più ecologici che siano mai stati prodotti: è biodegradabile, non contiene zolfo e in caso di combustione non produce le sostanze tossiche tipiche invece dei combustibili fossili. Essendo di origine vegetale non contribuisce quindi all’emissione di CO2 nell’atmosfera: potrebbe essere preso seriamente in considerazione come sostituto del diesel attualmente in uso. Riguardo alla bio-plastica di canapa pensiamo solo alle isole di rifiuti di plastica che galleggiano oggi nei nostri oceani e di cui si nutrono pesci ed animali prima di soffocare. Poi pensiamo che con la canapa si potrebbe ottenere bio-plastica migliore per caratteristiche, concorrenziale dal punto di vista del prezzo, ma con una differenza: è completamente biodegradabile. Attualmente, solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino. Ma agli albori della stampa la carta di canapa ebbe un ruolo preminente: la prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta e gli originali delle Costituzioni americana (1776, nella foto) e francese (1791) sono scritte su carta di canapa. Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in cellulosa, infatti un ettaro di canapa produce, in pochi mesi, la stessa cellulosa prodotta da 4 ettari di foresta in decenni. Altro vantaggio è la bassa percentuale di lignina rispetto al legno degli alberi, che ne contengono circa il 20% oltre ad un’analoga percentuale di sostanze leganti. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile, mentre i composti chimici utilizzati per sbiancare e trattare la carta ottenuta della fibra di legno, sono dannosi.

4. Fitodepurazione

Coltivando canapa si attiva un processo di fitobonifica, miglioramento della fertilità dei suoli, azione di contrasto alla deforestazione e desertificazione, riqualificazione energetica delle abitazioni e un’importante azione di cattura e sequestro di anidride carbonica. Ultimamente si parla spesso delle potenzialità della canapa nel processo di fitorimediazione o fitorisanamento (phytoremediation). In generale si tratta di un processo per il quale, tramite l’azione di assorbimento dell’apparato radicale della pianta, vengono estratti dal terreni componenti organici o inquinanti come i metalli pesanti. Si può applicare anche alle acque e all’aria, non solo per quello che riguarda l’anidride carbonica ma anche ossido di azoto, ozono e gli inquinanti che costituiscono il cosiddetto indoor pollution. Dopo essere stati assorbite, le sostanze vengono o metabolizzate e trasformate in qualcos’altro (fitometabolizzazione) o stoccate (fitodeposito) o recuperate (fitoestrazione) come si può fare con piombo zinco e ferro. Riguardo la canapa nella fitorimediazione, esistono già autorevoli studi e alcuni significativi precedenti di applicazione pratica. Dal 1993 nella zona interessata dagli effetti devastanti di Chernobyl, dal 1994 in Polonia per il risanamento dei terreni inquinati dai metalli pesanti residuati dal ciclo produttivo della metallurgia e in Italia la sua coltivazione inizia a farsi spazio nei terreni inquinati della Campania, in quelli di Porto Marghera nel Veneto e in Puglia”. In Italia sono stati avviati diversi progetti a riguardo.

5. Prevenire l’inquinamento da pesticidi

Gli effetti immediati della filiera sono molteplici. Tra questi spiccano la riduzione dell’uso di pesticidi, fitofarmaci e diserbanti; la riduzione del consumo idrico in agricoltura; bonifica dei siti in cui è sconsigliato coltivare prodotti per l’alimentazione umana o animale; riqualificazione dei terreni sani e tutela dei prodotti; tutela della salute; ristorazione delle aziende agricole coinvolgendole nella filiera; favorire la ricerca di enti e istituti di ricerca; oltre che la produzione di materia prima per prodotti necessari alla riqualificazione energetica degli edifici. Tutti prodotti che non presenteranno mai problemi di riciclo. Utilizzando canapa invece che cotone si utilizzerebbero il 25% in meno dei pesticidi attualmente impiegati. Sarebbero risparmiati moltissimi alberi che non dovrebbero più essere tagliati. La coltivazione del cotone è probabilmente il più grande inquinante del pianeta in termine di rilascio di pesticidi nel nostro ambiente poiché, occupando solo il 3% dei terreni agricoli del mondo, esige il 25% dei pesticidi utilizzati in totale. Le sostanze chimiche vanno nelle acque sotterranee e il veleno non ha come bersaglio solo gli insetti, ma tutti gli organismi, compresi gli esseri umani. Inoltre la fibra di canapa è più lunga, più assorbente, resistente e isolante della fibra di cotone.

di Mario Catania Giornalista professionista. Capo-redattore del portale CanapaIndustriale.it e redattore della rivista Dolce Vita, bimestrale dedicato agli stili di vita alternativi e alla cultura della Canapa