L’Ecologia della nutrizione esamina tutte le componenti della catena alimentare secondo il criterio della sostenibilità. Salute umana, ambiente, società ed economia sono le quattro dimensioni di riferimento per valutare uno stile alimentare.
Ma è necessario acquisire una nuova consapevolezza della qualità della vita, con l’aiuto dei “sette principi”
di Antonello Barile
Il termine Ecologia della nutrizione è stato coniato nel 1986 da un gruppo di nutrizionisti dell’Università di Giessen, in Germania. È una scienza interdisciplinare che nasce da un concetto olistico che prende in esame tutte le componenti della catena alimentare: la produzione, la raccolta, la conservazione, l’immagazzinamento, il trasporto, la trasformazione, il confezionamento, la vendita, la composizione, il consumo ed il trattamento dei materiali di scarto prodotti lungo tutto il processo alimentare.
Origini
Le radici dell’Ecologia della nutrizione affondano nell’antichità. L’introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi ha notevolmente influenzato il nostro ambiente. Un rapido esempio è dato dalla deforestazione per destinare gli stessi terreni alla coltivazione dei cereali o alla costruzione di nuove abitazioni, una pratica iniziata centinaia di anni fa e prolungatasi fino ai giorni nostri. Questioni ambientali menzionate anche nella Bibbia, numerose volte. L’impatto dell’agricoltura intensiva sull’ambiente è stato dibattuto da Thomas Aquinas (1224-1274), Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e da Henry David Thoreau (1817-1862). Alla fine del diciannovesimo secolo, Jacob von Uexkuell (1864-1944) ha fondato la scienza dell’ecologia.
Oltre l’econutrizione
L’Ecologia della nutrizione va al di là dell’econutrizione che si limita a studiare l’interazione tra la nutrizione e l’ambiente. Essa si spinge oltre il concetto di ecologia del cibo e della nutrizione che si ferma ad analizzare i modelli alimentari delle popolazioni aborigene.
Interpretare il modello nutrizionale utilizzando la lente della sostenibilità significa prendersi cura di aspetti dell’alimentazione globale come la sicurezza alimentare, gli equilibri ecologici e la valutazione del ciclo di vita, l’influenza sul clima dei diversi modelli alimentari, la nutrizione mondiale e i prezzi degli alimenti. Fondamentalmente, per valutare la sostenibilità di uno stile alimentare si fa riferimento a quattro dimensioni dell’ecologia della nutrizione: la salute umana, l’ambiente, la società e l’economia.
Life Cycle Assessment
Attraverso la metodologia standardizzata a livello internazionale, Life Cycle Assessment (LCA) è possibile valutare i carichi energetici ed ambientali relativi ad un processo, attraverso l’identificazione dell’energia, dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. La valutazione include l’intero ciclo di vita del processo: estrazione e trattamento delle materie prime, lavorazione, spostamento, ripartizione, impiego, riuso, riciclo e smaltimento. L’analisi di impatto ambientale è una procedura alquanto complessa perché ogni processo è determinato da un insieme di materiali ed energia e deve essere preparato secondo una serie di rifornimenti delle materie prime, produzioni, distribuzioni, smaltimenti e recuperi. Gli effetti prodotti sull’ambiente sono strettamente legati all’emissioni derivate da questi processi.
Con la metodologia LCA è stato studiato l’impatto totale (sulla salute dell’uomo, sull’ambiente, sulla società e sull’economia) dei diversi modelli alimentari e delle diverse tipologie di produzione.
Dal confronto dei diversi stili alimentari (onnivoro, vegetariano e vegan) incrociati con le due tecniche di agricoltura/allevamento intensivo/biologico, si giunge alle seguenti conclusioni:
- Lo stile di vita “onnivoro” prevede il consumo di alimenti di origine animale (compresi i derivati) e vegetale. Considerando la stessa tipologia di produzione, un modello alimentare che prevede il consumo di calorie derivate, in particolare, da una rilevante quantità di prodotti animali, ha un impatto ambientale maggiore.
- Quando si prende in considerazione una stessa modalità di produzione, intensivo o biologico, confrontando i diversi modelli alimentari, quanto maggiore è il consumo di proteine animali tanto più alto è l’impatto ambientale.
- Invece, quando si prende in considerazione lo stesso stile alimentare, l’impatto ambientale è maggiore quando i metodi usati per la produzione dei prodotti alimentari sono di natura convenzionale e non biologica (agricoltura ed allevamento).
- In ogni caso, lo stile alimentare vegano, a prescindere dal tipo di approccio usato per produrre i cibi risulta essere sempre quello meno impattante rispetto allo stile onnivoro che è sempre quello più impattante.
La scelta vegetariana
La scelta vegetariana non scaturisce solo da questioni religiose ma, esistono motivazioni legate alla salute dell’uomo, ecologiche, etiche e filosofiche.
Rispetto alle cause fondamentali dell’impatto sull’ambiente, tralasciando gli aspetti specifici di ciascun fattore e le relazioni che sussistono tra di essi, è possibile indicare una serie di ragioni che dovrebbero produrre necessariamente delle modifiche alimentari, seppur minime, per fornire il massimo in termini di benefici sull’ambiente. In media, le aree geografiche richieste per la produzione di proteine animali sono dieci volte più grandi di quelli che servono per la produzione delle proteine vegetali. Circa il 77% dei cereali raccolti serve per nutrire gli animali destinati all’allevamento. Meno della metà della quantità di questi cereali sarebbe più che sufficiente per sfamare le popolazioni del pianeta. L’impatto delle deiezioni animali sull’ecosistema è paragonabile all’impatto di eventuali pesticidi e fertilizzanti chimici. In Italia gli animali da allevamento producono annualmente circa 19 milioni di tonnellate di deiezioni a scarso contenuto organico, che non possono essere usate come fertilizzante. Attualmente, lo smaltimento di questi liquami avviene per versamento sul terreno. Quello che deriva da questa pratica, ormai all’ordine del giorno, è un costante sovraccarico di sostanze azotate che provoca un grave problema di inquinamento, tanto più forte quanto più vengono meno i fattori naturali di deterioramento della sostanza accumulatasi per cause antropiche. Le falde acquifere ed i corsi d’acqua di superficie sono i primi ambienti ad essere interessati da questa contaminazione che produce, generalmente, eutrofizzazione intesa anche come arricchimento di organismi vegetali che producono di conseguenza un ambiente spento, dovuto ad un aumento globale dell’ossigeno consumato dalle alghe microscopiche che proliferano non essendo smaltite dai consumatori primari. Il depauperamento dell’ossigeno provoca, nel tempo, la morte dei pesci. Il consumo di acqua ha l’impatto maggiore. Infatti, il 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall’agricoltura, in parte perché è impiegata per l’irrigazione dei cereali come soia, girasole, cotone, lino, spesso importati ed introdotti nella dieta degli animali da allevamento ed in parte per dissetare gli animali, per le operazioni di pulizia dei ricoveri del bestiame e per il sale di mungitura. Invece, l’8% dell’acqua è usata nel consumo domestico ed il 22% nell’industria.
Le quattro dimensioni dell’Ecologia della nutrizione
Le quattro dimensioni dell’Ecologia della nutrizione sono le basi da cui partire per incentivare uno stile alimentare sostenibile. Attualmente, la sostenibilità descrive lo sviluppo che appaga le necessità globali attuali senza ridurre la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni.
Da un punto di vista nutrizionale, la sostenibilità contribuisce ad una distribuzione equa del cibo attraverso un comportamento alimentare orientato alla prevenzione dei danni alla salute ed all’ambiente. Per realizzare la sostenibilità, in primo luogo ripensando ai valori comuni, è necessario acquisire una nuova consapevolezza della qualità della vita. È fondamentale garantire quantità, qualità e sicurezza alimentare ad ogni livello della società. Per rendere compatibile lo stile alimentare del singolo con le dimensioni ecologica, economica, sociale e della salute umana, sono stati formulati i sette principi seguenti:
1) il cibo dovrebbe essere prevalentemente di origine vegetale,
2) il cibo dovrebbe derivare dall’agricoltura biologica,
3) il cibo dovrebbe essere prodotto sul posto e in ogni stagione,
4) il cibo dovrebbe essere trasformato il meno possibile,
5) il cibo dovrebbe essere confezionato in modo ecologico,
6) il cibo messo in vendita dovrebbe essere commisurato alla reale domanda
7) il cibo dovrebbe essere preparato nel rispetto del gusto.
Una dieta basata su questi principi, secondo la LCA, ha una base scientifica, è socialmente accettabile, è realizzabile economicamente, è auspicabile culturalmente, è fattibile ed ha un alto grado di sostenibilità.