Anche gli ecosistemi marini si restaurano

0
2747

La conservazione degli habitat degradati a causa delle attività umane

di Roberto lo Monaco

 

Il mare occupa il 71% della superficie della Terra e ospita il 90% della biosfera. Fin dall’antichità l’uomo si è sempre servito delle sue risorse considerandole inesauribili. Dall’avvento della rivoluzione industrialea oggi,si èosservato un grande sviluppo economicoe un aumentoesponenziale della popolazione. Se da un lato questo sviluppo ha permesso un miglioramento dellaqualità della vita,dall’altro ha provocato un forte impoverimento e deterioramento degli ecosistemi marini.

Negli ultimi anni sono state adottate varie misure per mitigare gli impatti delle attività antropiche sugli ecosistemi marini.L’istituzione di Aree Marine Protette (AMP),atte a limitare e regolamentare alcune attività qualila pesca commerciale, la pesca sportiva,lanavigazione da diporto e la balneazione, ne costituisce un esempio. In Italia sono state istituite ben 27 AMPper la tutela e la conservazione degli habitat marini delle nostre coste, conl’obiettivo di preservare gli ecosistemi naturali dal degrado e permettere il loro recupero.Tuttavia, inambienti fortemente degradati,le sole azioni di conservazione non sono sufficienti a raggiungere tale obiettivo.In questi casi è necessaria un’azione mirata di “restauro ecologico”,termine con il quale si intende un intervento attivo, da parte dell’uomo, per il recupero di un ecosistema degradato, danneggiato o distrutto.

In ambiente terrestre sono già presenti numerosi casi di restauro ecologico ma la sua applicazione in ambienti marini è un approccio del tutto nuovo che si sta sviluppando solo negli ultimi anni. Il Prof. James Aronson, uno dei massimi esperti mondiali di restauro ecologico, sostiene chei principi utilizzati per il recupero degli habitat terrestri potrebbero essere applicati anche in ambiente marino. Aronson pone altresì l’attenzione sulla mancanza di protocolli validi, a causadelle limitate conoscenze di questiambienti,ancora poco esploratie difficili da gestire e monitorare.

Per questo motivol’Unione Europea ha finanziato il primo progetto dedicato interamente al restauro di ecosistemi marini: il progetto MERCES (Marine EcosystemRestoration in ChangingEuropeanSeas).

Più nel dettaglio,il progetto MERCESprevede interventi su tre diversi tipi di ecosistemi marini: costieri a fondo mobile, costieri a fondo duro edi mare profondo.

Gli ecosistemi costieri a fondo mobile sono tutti quegli ecosistemi fangosi o sabbiosi spesso caratterizzati dalla presenza di praterie di fanerogame marine (piante acquatiche).Questi ambienti sono fortemente degradati dalle attività di pescae di costruzione di infrastrutture a mare, le quali, oltre al prelievo delle specie d’interesse commerciale (come nel caso della pesca) possono alterare la strutturadei fondali, danneggiando moltissime specie importanti per ilfunzionamento dell’ecosistema. Molte sono le specieoggetto di studio del progetto MERCES: Pinna nobilis (il più grande bivalve del Mediterraneo), Mytilusspp. (la comune cozza) e diversespecie di fanerogame marine come laPosidonia oceanica e la Zostera spp.Le fanerogame marinesono piante acquatiche che svolgono un’importantissimafunzione sia come produttori primari, (assorbimento di CO2,rilascio di ossigeno, riciclo di materia organica), sia come rifugio, protezione e nutrimentoper altre specie. In particolare svolgono una funzione di nursery (asilo) per larve e avannotti di molte specie itticheimportanti anche dal punto di vista economico e commerciale. Infine, con i loro rizomi stabilizzano il sedimento e proteggonole coste dall’erosione. Per questo motivo il progetto MERCES si occuperà del trapianto e del restauro di praterie di fanerogame e di altrehabitat formingspeciesdi ecosistemi costieri a fondo mobile.

Gli ecosistemi costieri a fondo duro sono tutti quegli ecosistemi caratterizzati da un substrato roccioso su cui crescono diverse specie formatrici di habitat come spugne, coralli e macroalghe.Il corallo rosso (Coralliumrubrum),le gorgonie (Paramuricea clavata, Eunicellaspp.) e diverse specie di spugne sono solo alcune tra le specie che si cercherà di trapiantare durante le operazioni di restauro ecologico del progetto MERCES. Anche le macroalghe (alghe pluricellulari di grandi dimensioni) svolgono un’importante funzione all’interno dell’ecosistema, dando rifugio e nutrimento a molte specie tra cui pesci, crostacei e molluschi. L’esempio piùeclatante è rappresentato dalle kelp(es.Laminaria hyperborea) dei mari del Nord Europa che formano delle vere e proprie foreste paragonabili per ricchezza e biodiversità a quelle tropicali terrestri. Unaltro interessante caso di studio riguardal’alga mediterraneaCystoseiraspp. Le specie appartenenti a questo genere sono tipiche del mar Mediterraneo e crescono rigogliose nella zona dell’infralitorale superiore (fino ad un metro di profondità). In molte zone, la sopravvivenza di queste macroalghe è stata minacciata dalla pesca del dattero di mare (Lithophagalithophaga), pratica che prevede la rottura della roccia all’interno della quale il dattero di mare cresce e vive. Questo comporta la rimozione di specie che, come Cystoseira, utilizzano la roccia come substrato. Una volta rimossa, laCystoseira ha difficoltà a ricolonizzare il substrato a causa della presenza di ricci di mare (es. Paracentrotuslividus),che sono dei voraci pascolatori e si nutrono dei piccoli talli di Cystoseira, impedendone attecchimento e ricrescita. Generalmente, l’abbondanza dei ricci di mare è controllata dai loro predatori, come il sarago (Diplodusspp.). Tuttavia, la sovrapesca ha ridotto il loro numero e di conseguenza anche la loro capacità di controllo sulle popolazioni di ricci. Questo è un chiaro esempio di effetto a cascata innescato dalle attività antropiche. In seguito a questo fenomeno, a causa del sovrapascolo dei ricci, in alcune zone dell’Italia meridionale (come l’Area Marina Protetta di Porto Cesareo in provincia di Lecce) si sono formati dei veri e propri deserti sottomarini che prendono il nome dibarren.Una delle tanteattività del progetto MERCES prevedela riduzione della presenza di ricci di mare per permettere la ricrescita di questa importantissima macroalga.

Bui e misteriosi, gli ecosistemi di mare profondosono stati considerati per lungo tempo degli ambienti lontani e irraggiungibilie di conseguenzaimmunidagli impatti delle attività umane. Negli ultimi anni la pesca e leattività di estrazione mineraria e d’idrocarburi si sono spinte sempre più in profondità andando così ad alterare questi ambienti estremamente ricchi di biodiversità. Nonostante le difficoltà nell’operare a elevate profondità (200-1000 m), il progetto MERCES si occuperà del restauro di questi habitat caratterizzati dalla presenza di specie uniche come gli affascinanti coralli di profondità(es. Lopheliapertusa, Madrepora oculata, Dendrophyllia cornigera). I coralli di ambiente profondo sono tra gli organismi più longevi e sono caratterizzati da una crescita estremamente lenta. Per questo motivo, una volta danneggiati dalle attività antropiche,tali ecosistemi possono impiegare moltissimi anni per tornare alle condizioni pre-impatto. Unodegli obiettivi del progetto èil restauro diquesti ambienti mediante il trapianto di frammenti di coralli pescati involontariamente con le reti da pesca.

Attualmente tutte le azioni di restauro ecologico sono in via di sperimentazione. Al termine dei quattro anni di progetto, sarà pubblicata la prima guida pratica contenente le best practices per il restauro degli ecosistemi marini europei. Una linea guida unica e dettagliata che permetterà il trasferimento delle conoscenze acquisite a tutti i soggetti, aziende, enti e istituzioni interessati al recupero di questi ambienti.