Sono oltre 400 le specie che rischiano l’estinzione entro la metà del secolo. Lo rivela uno studio coordinato dai ricercatori dell’ Università la Sapienza di Roma, pubblicato sulla rivista Conservation Letters.
La ricerca dimostra come l’attuale modello di sviluppo socioeconomico condurrà ad un aumento dei tassi di deforestazione e dei livelli di CO2 e, conseguentemente, ad un aumento del rischio di estinzione del 25% delle specie di carnivori e ungulati. Oltre alle specie già oggi minacciate, che, naturalmente vedrebbero accresciuti i rischi di sopravvivenza.
Dalla ricerca, però, emerge una soluzione per evitare il disastro: il “Consumption Change”
Pietro Visconti, ricercatore affiliato presso il laboratorio Global Mammal Assessment del dipartimento di Biologia e biotecnologie C. Darwin della Sapienza e al centro di Microsoft Research a Cambridge, afferma che “un miglior accesso alle risorse alimentari, energetiche e idriche da parte delle fasce più povere della popolazione umana aumenterà fino a raggiungere i “Millennium Development Goals” delle Nazioni Unite; allo stesso tempo i consumi e le emissioni procapite da parte dei paesi sviluppati saranno ridotti attraverso il contenimento della produzione di scarti agricoli post-produttivi e con l’ adozione di una dieta più salutare, associata a un minor consumo di carne, come raccomandato dalla Harvard Medical School of Public Health”. Per Carlo Rondinini, coordinatore del laboratorio Global Mammal Assessmen, “questa è la prima volta in cui si dimostra che le azioni individuali per il raggiungimento di uno stile di vita più sostenibile, come per esempio il ridotto consumo di carne, possono avere nel loro insieme un enorme impatto per la biodiversità del mondo”.
Lo studio mette in luce anche come la domanda, in crescita, dei prodotti agricoli potrebbe essere soddisfatta, senza ulteriore consumo di suolo con un utilizzo migliore delle capacità produttive attuali.
Siamo pronti?