Una Nuova Coscienza

Siamo qui fermi malgrado la grave emergenza, come uomini al minimo storico di coscienza (Giorgio Gaber)
Giorgio Gaber nasce a Milano nel 1939 da una famiglia di origini slovene. Comincia prestissimo a suonare la chitarra, regalatagli dal padre per esercitare le dita di una mano colpita da una temporanea paralisi, dovuta a un attacco di poliomielite. Artista molto versatile, diventa presto un cantautore e si dedica nel tempo al cinema, al cabaret, alla televisione e al teatro come attore e regista. Muore il 1° gennaio del 2003 in Toscana. Il suo rapporto con la realtà contemporanea è stato sempre molto profondo e la sua attenzione si è concentrata spesso sull’alienazione provocata dall’ambiente delle grandi città. Osservando le contraddizioni delle metropoli, ha scritto nel 1969 una delle sue canzoni più conosciute “Com’è bella la città”. Di seguito l’estratto da un suo testo molto famoso del 1997, “Una nuova coscienza”
“Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale, se non si sente parte di qualcosa. Rendersi conto che la crescita del mercato può anche essere indispensabile alla nostra sopravvivenza, ma che la sua inarrestabile espansione ci rende sempre più egoisti e più volgari. Basterebbe abbandonare l’idea di qualsiasi facile soluzione, ma abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l’audacia di frequentare il futuro con gioia. Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica è subito. Qui e ora”
