A tu per tu con questa specie a rischio di estinzione. Per comprendere che la loro migliore difesa è lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni.
di Giulia Bardino
Il 10 maggio sono partita per un lungo viaggio. Uno di quelli che, credo, ti cambino la vita. Devo dire che, fino ad ora, sta facendo bene il suo dovere. Sono nell’Area protetta di Dzanga Sangha, nel triangolo a sud-ovest della Repubblica Centrafricana, dimora dei Gorilla di pianura, creature tantomeravigliose quanto in pericolo di estinzione. Il bracconaggio (principalmente per la vendita di carne), la deforestazione e, più recentemente, malattie come l’Ebola ne sono la causa principale. Io, in particolare, mi trovo al campo di Bai Hokou (il Centro di Abituazione Primati fondato e sviluppato dal WWF), per studiare i loro comportamenti. La mia casa qui è un piccolo bungalow, con giusto il necessario (un tavolo, una sedia, un letto e una cassettiera). La perla di questo campo è la cascata, a pochi metri di distanza, dove tutti noi ricercatori e volontari, possiamo apprezzare della fresca acqua corrente per lavarci, dopo una calda giornata di lavoro in foresta, e dopo qualche possibile fuga dagli elefanti. Eh sì, qui ci sono gli elefanti di foresta. Animali bellissimi, ma preferiamo non incontrarli, non con meno di una cinquantina di metri a separarci, lo spazio necessario ad avere un piccolo vantaggio per scappare dalle loro cariche. Qui il WWF ha elaborato l’intero “Progetto di abituazione” a scopi scientifici e turistici con il fine di proteggere e comprendere questa specie minacciata e poco conosciuta. Cos’è l’abituazione. E’ un processo durante il quale l’animale (il Gorilla, in questo caso) viene progressivamente acclimatato alla presenza dell’uomo, fino al punto in cui il suo comportamento non ne è più influenzato. E’ un lavoro lungo e difficile, che dà incredibili soddisfazioni. Questo progetto permette diaumentare il valore economico del Parco Nazionale, con conseguente sviluppo delle comunità locali grazie anche ad un parallelo progetto di sensibilizzazione alla conservazione. Il progetto in sé è vincente ed è ciò che credo sia necessario per poter salvare questo posto. Non manca, però, “il lato oscuro della forza”, sul quale, tornerò più tardi. Parlando dei Gorilla di pianura, vivono solitamente in piccoli gruppi con una struttura sociale ad Harem (un maschio, il Silverback, e più femmine con prole). In altri casi, i maschi, possono vivere in modo solitario, in cerca di un gruppo. Io sto studiando 3 diversi gruppi (che generalmente chiamiamo con il nome del Silverback), quindi i gruppi Makumba, Mata e Mayele. Io ovviamente ne ho uno prediletto. Il gruppo di Makumba. Sono 7 individui, splendidi.Makumba, è il padre di famiglia. Ha l’aria severa, ma giusta. Malui, la mamma del gruppo che da pochi mesi ha messo al mondo due splendidi, e rarissimi, gemellini, Inganda e Inguka, che crescono ad una velocità impressionante. Da poco hanno iniziato ad assaggiare qualche frutto, a camminare e incredibilmente ad arrampicarsi su qualche piccola pianta ( e si arrampicano molto meglio di quanto camminino!!). Tembo, un adolescente a tutti gli effetti, insieme a Sopo, una adolescente a tutti gli effetti, sono il “verso” del gruppo, rumorosi, giocano gran parte del tempo e spesso si litigano i piccoletti. Infine, Samba, la new entry del gruppo. La più timida. Le manca una mano purtroppo, probabilmente a causa dei bracconieri. Con loro, sono chiare le dinamiche del gruppo ed è possibile apprezzarle a pieno. Si comprendono le relazioni tra gli individui, si prevedono le loro azioni, si impara a conoscerli a fondo e questo è ciò che da più soddisfazioni, in assoluto. Passo le mie intere giornate con i Gorilla, a seguirli ed osservarli. Ho imparato a rispettare i loro spazi e loro, di ritorno, mi donano momenti eterni. L’incredibile è che mi stanno aiutando a conoscere me stessa, come anche la vita in foresta fa. Qui il silenzio è penetrante, senti solo i tuoi pensieri. Tutto è spunto di riflessione. Io, ad esempio, ho conosciuto un lato di me proprio qui, nel cuore dell’Africa. Un lato molto legato alla casa, alla famiglia e in qualche strana forma, anche al mio paese. Io, che sono sempre stata in prima linea, pronta a partire per qualsiasi meta, mi ritrovo a sentire la mancanza di casa, e ad apprezzarne l’importanza. Ma queste sono storie che possono non interessare. E’ interessante invece come questo luogo meraviglioso, la culla dell’umanità, non smetta di insegnarci la vita. In questo enorme lavoro (che chiamare lavoro è un’eresia), sono accompagnata (ma è più giusto dire, guidata) dai Bayaka, una popolazione di cacciatori e raccoglitori, totalmente dipendente dalla foresta, con i quali comunico nella lingua ufficiale di questo paese, il Sango. I Bayaka sono nati e cresciuti in foresta e ne conoscono ogni aspetto. Ogni giorno, mi aiutano a rintracciare i Gorilla, a seguirli, ma soprattutto a muovermi nella foresta. Originariamente, i Bayaka, vivendo di ciò che la foresta gli offriva, erano i principali cacciatori di Gorilla. Il progetto del WWF ha permesso di sensibilizzarli all’importanza di queste “specie ombrello”. Ora, alcuni di loro, sono l’elemento chiave di questo progetto, senza i quali non esisterebbe. Sarò sincera, sono qui da quasi 3 mesi e ho appena iniziato a capire le dinamiche di questo posto. La mia principale preoccupazione è sempre stata rivolta ai Gorilla e agli animali tutti, ma ho capito (ed è qui che la foresta sta cambiando la mia vita) che non solo loro hanno bisogno di aiutoma che, se davvero voglio fare la differenza, occorre rivolgere attenzioni particolari anche alle popolazioni locali. L’abituazione in sé è un’idea interessante e molto utile (anche se, volendo rifarci al pensiero di Jared Diamond, è proprio l’evoluzione del timore per l’uomo che ha salvato i grandi mammiferi africani dall’estinzione, a differenza dei poveri grandi mammiferi australiani, non pronti alla presenza di questa bestiale creatura che a volte siamo), ma necessita assolutamente di un profondo progetto di educazione e sensibilizzazione delle popolazioni locali. E quindi, ahimé, di fondi. Qui, nell’intera Repubblica Centrafricana, la povertà raggiunge livelli molto alti e conseguentemente la corruzione dilaga. In un clima di fame e di quiete prima della tempesta (questo paese è uscito da poco da una terribile guerra civile e vive in un fatiscente equilibrio provvisorio) igorilla sono ancora considerati come una sola fonte di cibo. Facendo un giro al mercato di Bayanga (un villaggio poco distante da Bai Hokou) è possibile trovarne la carne, in vendita. Tante volte ho sentito persone dire cose agghiaccianti sui bracconieri senza sapere come questi, spesso, siano esseri umani, estremamente poveri, la cui unica fonte di cibo sono gli animali (anche quelli in via di estinzione, non credo che per loro faccia alcuna differenza). E dunque, ancora, non è forse giusto dare prima di tutto a queste popolazionigli strumenti per lo sviluppo? Prima di mettere in pericolo i Gorilla, abituandoli alla nostra presenza, presenza non sempre salutare, come non lo è in ogni angolo di questo mondo. Il WWF in questo è stato lungimirante, cercando di coinvolgere chi più di qualsiasi altro, può davvero fare la differenza nella foresta, chi, in foresta, ci vive, davvero. Ma il progetto va completato e per farlo serve che questo paradiso sia portato all’attenzione di molti. Serve che le persone prendano a cuore il destino di questo posto. Io, invito caldamente tutti a fare un salto qui, dove i Bayaka sono la tua famiglia, dove la foresta ti mostra le tue radici e dove i Gorilla ti incantano con i loro sguardi!