Grani antichi

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Grani antichi


Maria Letizia Uras

La difesa ed il recupero della biodiversità, sia vegetale che animale, sono il presupposto per riappropriarci della grande varietà dei cibi che caratterizzano il territorio italiano e la dieta mediterranea. Una scelta consapevole di medicina preventiva, di salvaguardia dell’ambiente e della salute

 


Nel precedente articolo ci siamo lasciati con la panificazione casalinga con farine di grani antichi. Questa volta vi voglio raccontare perché sono così preziosi e cosa mi ha fatto innamorare.

Cosa si intende quando parliamo di grani antichi? Essi comprendono diverse varietà di grano locale, sia tenero che duro, caratteristiche delle diverse zone italiane, che venivano coltivate fino ai primi del ‘900, epoca in cui cominciò il cosiddetto miglioramento genetico portò a quelle che sono le varietà moderne.

Fin dall’antichità, la storia del grano va di pari passo con quella dell’uomo. Verso la fine del Neolitico, l’uomo, fino a quel momento cacciatore-raccoglitore, inizia a cercare posti adatti per stabilirsi e poter coltivare le prime specie vegetali. Con la stanzialità vi fu una grande esplosione demografica. Aumentò di conseguenza la richiesta di alimenti. In questo contesto nasce la domesticazione delle piante, successiva a quella degli animali da allevamento, come le pecore. Per quanto riguarda il mondo vegetale, l’uomo iniziò a scegliere gli individui più adatti al proprio territorio e che, nell’ambito delle popolazioni di ogni specie, per effetto di mutazioni spontanee, si distinguevano dagli altri per qualche caratteristica utile. Così, assecondando la natura, l’uomo sfruttò sia le mutazioni sia gli incroci naturali che avvenivano tra specie diverse, per la costituzione di specie nuove, più adatte, per rusticità o per produttività o per altri caratteri, di quelle che le avevano originate. Molte di queste, senza l’intervento dell’uomo, non sarebbero sopravvissute. La “mezzaluna fertile” è l’area dove iniziò questo processo, essa comprende, al giorno d’oggi, Israele, Giordania, Libano, Siria occidentale, parte della Turchia e si estende, tra il Tigri e l’Eufrate, in Iraq e nell’Ovest dell’Iran.

Questa, in sintesi, è la storia della nascita del frumento duro (Tritucumdurum) e del frumento tenero (Triticumaestivum), originati, attraverso i millenni, da individui di farro selvatico incrociatisi spontaneamente con graminacee selvatiche del genere Aegilops.

Domesticazione

Pertanto per domesticazione si intende il processo di selezione genetica che attraverso il cambiamento di alcuni tratti chiave della pianta, porta dalle varietà selvatiche alle varietà ‘domesticate’. Tale processo rappresenta la prima forma non scientifica di selezione genetica messa in atto dall’uomo in maniera inconsapevole.

Tale meccanismo di selezione è rimasto invariato nel tempo fino alla fine del XIX secolo, quando le cultivars di grano coltivate erano rappresentate principalmente da varietà locali (landraces) ben adattate all’ambiente.

In Italia, all’inizio del XX secolo, cominciò un processo controllato di miglioramento genetico delle varietà antiche. Esso fu incoraggiato anche dal regime fascista, Benito Mussolini, nel 1925, lanciò “la battaglia del grano”, campagna il cui obiettivo era quello di rendere la nazione autosufficiente nella produzione di grano, senza sottrarre terra ad altre colture utili per l’economia nazionale.                        

Una svolta nello sviluppo e diffusione di nuove varietà di frumento sempre più produttive venne data da Nazareno Strampelli, agronomo e genetista italiano, precursore della rivoluzione verde1. I suoi sforzi lo condussero alla realizzazione di decine di varietà differenti di frumento, sia tenero che duro, che egli denominò “Sementi Elette”. Le nuove varietà consentirono – in Italia e nei paesi che le impiegarono – ragguardevoli incrementi delle rese medie per ettaro coltivato, con consistenti benefici sulla disponibilità alimentare delle popolazioni. Dal punto di vista pratico il suo metodo di incrociare varietà differenti per ottenere nuove cultivar si dimostrò vincente sul metodo allora più usato di selezionare le sementi solo all’interno di una singola varietà.

Dobbiamo proprio a Strampelli, una varietà coltivata ancora oggi, in particolare nel meridione d’Italia (Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna), il Senatore Cappelli, ottenuto da una popolazione di frumento duro nord-africano “JeanhRetifah”.Strampelli dedicò la nuova varietà di frumento al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d’Italia, che, negli ultimi anni dell’Ottocento, assieme al fratello, aveva avviato le trasformazioni agrarie in Puglia e sostenuto lo Strampelli nella sua attività, mettendogli a disposizione campi sperimentali, laboratori ed altre risorse.

Dal miglioramento genetico alla mutagenesi

I programmi di miglioramento genetico continuarono nel dopoguerra, il passo verso la mutagenesi indotta è stato breve. La varietà Creso, dalle quale originano molte delle varietà maggiormente utilizzate ancora oggi, è stata ottenuta nel Centro di studi nucleari del CNEN (comitato nazionale per l’energia nucleare) della Casaccia (Roma) nel 1974, è un incrocio tra la varietà messicana Cymmit e l’italiana Cp B144, mutante della Cappelli (Grano duro) ottenuta sottoponendo il grano Cappelli a bombardamento con raggi X o gamma.

Il processo di miglioramento genetico aveva inizialmente un nobile intento, poiché aumentando la produttività, si volevano sfamare più persone. Nel tempo tale motivazione è passata in secondo ordine, a favore degli interessi dell’industria alimentare.

I grani moderni sono maggiormente produttivi, hanno, rispetto ai grani antichi, un fusto più basso perciò con minor rischio di “allettamento”, fenomeno legato al ripiegamento del fusto a causa di vento e pioggia.

I grani moderni hanno un maggiore contenuto in glutine. Il glutine è una sostanza proteica che origina dall’unione, in presenza di acqua ed energia meccanica, di due tipi di proteine: la prolammina (gliadina per il frumento) e la glutenina presenti principalmente nell’endosperma della cariosside di cereali quali frumento, farro, segale e orzo.

Il termine glutine deriva dal latino gluten che vuol dire colla, esso conferisce elasticità agli impasti. Questa caratteristica è utile per le industrie produttrici di pane e pasta. Gli impasti ottenuti con queste farine possono sostenere le lunghe sollecitazioni da parte delle impastatrici meccaniche e sono più velocemente panificabili, mentre la pasta può reggere le alte temperature di essicazione.

Qualità tecnologiche e caratteristiche nutrizionali

Purtroppo alle migliori qualità tecnologiche delle farine e delle semole non corrispondono migliori caratteristiche nutrizionali del prodotto finale.

L’attuale dieta italiana prevede un ampio consumo di alimenti a base di frumento tenero e duro (pane, pasta, pizza, biscotti, fette biscottate, grissini, prodotti da forno) a partire dai primi anni dell’infanzia. In questo modo bambini e adulti vengono esposti ad un forte carico di glutine, molto più elevato rispetto al passato, con aumento del rischio di allergie e di intolleranze.

Diversi studiosi, ricercatori e allergologi ritengono che l’aumento del contenuto di glutine nel grano, il consumo più frequente e consistente di farinacei nella dieta moderna sia da associarsi all’aumento di casi di celiachia e di sensibilità non-celiaca al glutine (NCGS). La NCGS ha sintomi spesso sovrapponibili a quelli del colon irritabile come distensione addominale, meteorismo, alvo che alterna stipsi e diarrea. Tuttavia, si può manifestare con sintomi extra-intestinali della più svariata natura, dai dolori alle articolazioni, ai problemi alla vista, alla mancanza di concentrazione e alla sensazione persistente di affaticamento.Alcuni medici ipotizzano addirittura problemi di fertilità, quali cicli anovulatori o aborti ricorrenti.

Quel processo di selezione genetica inconsapevole che veniva effettuato dai contadini fino ai primi del ‘900 partiva dalle realtà locali e dalle caratteristiche pedoclimatiche di ogni area. Al contrario, la successiva selezione genetica effettuata in laboratorio, distante quindi dalle esigenze del territorio, ha portato a selezionare varietà con una ristretta base genetica, che, dovendosi adattare a condizioni territoriali differenti si sono rivelate più suscettibili e vulnerabili agli stress ambientali, ai parassiti e alle malattie. Per tale ragione, hanno una maggiore necessità di concimi azotati e pesticidi chimici,i residui di questi li ritroviamo nel prodotto finale.

La tecnologia e l’industria alimentare stanno allontanando il consumatore dal contatto con il proprio territorio, dalla stagionalità dei prodotti e dai loro sapori. Il prodotto alimentare è spesso manipolato tecnologicamente (aggiunta di additivi per esaltare l’appetibilità, per conservare, per colorare, sale e zucchero nascosti) per fini commerciali e per assecondare le mode. La disinformazione di alcuni consumatori porta a prediligere caratteristiche di immagine o di comodità, a discapito delle qualità, del valore nutrizionale e dell’impatto ambientale. Ad esempio, per quanto riguarda il pane viene richiesto un prodotto sempre più bianco, prodotto con farine raffinate e povere da un punto di vista nutrizionale.

Risulta pertanto cruciale considerare la qualità della materia prima utilizzata, che dovrebbe rispondere alle esigenze nutritive piuttosto che a quelle delle industrie alimentari, prediligendo prodotti della tradizione locale.

A questo proposito, il frumento non è solo fonte di amido e proteine ma anche di altri composti, essi derivano dal metabolismo secondario della pianta, e fino ad ora sono stati completamente ignorati nei programmi di miglioramento genetico. Questi composti sono definiti composti “funzionali” o “bioattivi”. Il consumo di queste molecole ha un’attività benefica per la salute umana, attivano risposte metaboliche che si concretizzano nell’attivazione di sistemi di protezione contro l’accumulo di composti dannosi per la nostra salute. Nel frumento, si trovano molte di queste sostanze fitochimiche biologicamente attive come polifenoli (flavonoidi, lignani, isoflavoni) carotenoidi, tocoferoli e fibra. Questi composti hanno importanti funzioni nutraceutiche inclusa l’attività antitumorale, antinfiammatoria, immunosoppressiva, antiossidante e antivirale. Differenze significative sono state trovate tra le antiche e le moderne varietà non tanto in termini quantitativi ma di varietà di composti.

Alla luce di questo, la difesa ed il recupero della biodiversità, sia vegetale che animale, sono il presupposto per riappropriarci della grande varietà dei cibi che caratterizzano il territorio italiano e la dieta mediterranea. Questa rappresenta una scelta consapevole di medicina preventiva,di salvaguardia dell’ambiente e della salute di ciascuno di noi.

1)Il termine rivoluzione verde è stato coniato per indicare un approccio innovativo ai temi della produzione agricola che, attraverso l’impiego di varietà vegetali geneticamente selezionate, fertilizzanti, fitofarmaci, acqua e altri investimenti di capitale in forma di mezzi tecnici, ha consentito un incremento significativo delle produzioni agricole in gran parte del mondo tra gli anni quaranta e gli anni settanta del secolo scorso.

 

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