Pane al pane. Inceneritori o termovalorizzatori?

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Pane al pane: inceneritori o termovalorizzatori?

di Rosario Mascia

Perché in Italia chiamiamo termovalorizzatori quelli che altro non sono che inceneritori? 

Mario Tozzi ha affermato che “pur facendo una ricerca sulle terminologie di questo tipo tecniche, questa parola io non l’ho mai trovata. La parola termovalorizzatori sembra quasi che sia sorta a un certo punto, proprio per questa ragione: siccome gli inceneritori erano già noti – è comunque qualcosa che brucia fra fumo e ceneri – forse si è pensato che in quel modo si potesse dare rilievo al fatto che da questi inceneritori che ci sono si può ricavare una frazione energetica e anche del calore, che è una cosa in linea teorica positiva, però è sempre un impianto industriale, dunque ha delle conseguenze sull’ambiente che forse all’inizio abbiamo sottovalutato.”

E allora? Perché torna ancora l’idea di costruirne? L’ultimo annunciato dal Sindaco di Roma Gualtieri che dovrebbe bruciare 600mila tonnellate di rifiuti all’anno per risolvere, in maniera diametralmente opposta al Green Deal auspicato dall’Europa, il problema dei rifiuti nella Capitale.

Ricordiamo che l’incenerimento dei rifiuti produce, oltre i “classici” monossido di carbonio, biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri, tonnellate di acido cloridrico, ammoniaca, idrocarburi policiclici aromatici, diossina, furani, metalli pesanti e fumi climalteranti, causando un impatto fortemente negativo sulla salute e sull’ambiente, senza produrre quantità congrue di energia. Certo, con le attuali tecnologie alcuni di questi fumi vengono filtrati, ma le diossine i furani e gli idrocarburi policiclici aromatici, rimangono ancora un problema.

Quando Gualtieri ha indicato ad esempio l’inceneritore di Copenhagen, forse non aveva ascoltato le dichiarazioni del ministro per il Clima e l’Energia danese Dan Jørgensen ed il suo mea culpa: “È ora di smettere di importare rifiuti di plastica dall’estero per riempire inceneritori vuoti e bruciarli a scapito del clima. Con questo accordo, stiamo aumentando il riciclaggio e riducendo la combustione, facendo una differenza significativa per il clima”.

Gli inceneritori rilasciano sostanze chimiche pericolose

In passato, gli inceneritori erano strutture altamente inquinanti che pompavano enormi volumi di inquinanti tossici nei nostri cieli. È vero che gli inceneritori di oggi sono molto più puliti, ma non sono ancora perfetti. Le tossine che escono dagli inceneritori includono diossine, mercurio e cadmio che possono causare cancro, danni ai nervi e difetti di nascita. Chiunque viva sottovento a un inceneritore è in pericolo di respirare queste pericolose sostanze chimiche. Le tossine cadono anche sulla terra per essere mangiate dal bestiame o lavate nei nostri fiumi, porti e acque costiere dove possono entrare nella nostra catena alimentare.

Gli inceneritori rilasciano gas serra

Mentre queste tossine sono pericolose, la maggior parte del gas proveniente da un inceneritore è anidride carbonica. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici riporta che ogni tonnellata di rifiuti bruciati produce fino a 1,2 tonnellate di anidride carbonica. Come sicuramente saprete, stiamo cercando dei modi per ridurre urgentemente le nostre emissioni per il cambiamento climatico. Gli inceneritori di rifiuti lavorano in diretta concorrenza con questo obiettivo.

Gli inceneritori distruggono risorse preziose

Lasciando da parte l’inquinamento dell’aria, gli inceneritori distruggono risorse preziose e non rinnovabili. I governi, le imprese e le comunità di tutto il mondo stanno cercando modi per incoraggiare le persone a ridurre, riutilizzare, riparare, rinnovare e riciclare le cose che usiamo, in modo da poter conservare le risorse. L’incenerimento lavora direttamente contro questi sforzi.

Gli inceneritori creano rifiuti pericolosi

Le società di incenerimento parlano regolarmente dei molti usi delle ceneri di fondo degli inceneritori (IBA), tra cui l’edilizia, la costruzione di strade e le costruzioni. Tuttavia, i ricercatori hanno sollevato seri dubbi sulla dispersione dei metalli pesanti nell’ambiente da parte dell’IBA. Numerosi studi hanno dimostrato che i metalli pesanti possono essere rilasciati dall’IBA ed essere diluiti nell’ambiente circostante (vedi note 5,17-19 nello studio collegato). Questo rappresenta una minaccia particolare perché i metalli pesanti sono altamente tossici anche a basse concentrazioni.

Le ceneri volanti dell’incenerimento richiederebbero una discarica di rifiuti speciali a causa delle concentrazioni di metalli pesanti. Il loro smaltimento sicuro di solito comporta ulteriori  rifiuti e la necessità di una discarica specializzata per rifiuti tossici.

Gli inceneritori sono inefficienti

Mentre le aziende di incenerimento sono felici di sottolineare che i rifiuti che bruciano verrebbero mandati in discarica, non menzionano che i rifiuti domestici non sono un buon combustibile. Il World Energy Council ha scoperto che, chilogrammo per chilogrammo, i rifiuti producono meno della metà dell’energia del carbone e meno di un terzo dell’energia del gas naturale, mentre producono molto più inquinamento.

Gli inceneritori distruggono posti di lavoro

Un punto chiave di vendita utilizzato dalle aziende di inceneritori è che creano posti di lavoro. L’impresa sociale europea RREUSE, gruppo di riutilizzo, riparazione e riciclaggio, ha recentemente esaminato questo aspetto e ha scoperto che per ogni posto di lavoro creato da un inceneritore, i centri di riciclaggio creano 36 posti di lavoro e le attività di riutilizzo ne creano 296. I servizi per i rifiuti e il riciclaggio sono destinati a diventare il settore in più rapida crescita mentre il nostro paese si muove verso un’economia circolare. L’incenerimento non fa parte di questo cambiamento.

Gli inceneritori scoraggiano gli sforzi per i rifiuti zero

L’incenerimento dei rifiuti è una fonte di energia non rinnovabile che distrugge le nostre risorse naturali finite. Crediamo che possiamo affrontare i nostri problemi di rifiuti in un modo più costruttivo che preservi le risorse, prevenga l’inquinamento e crei posti di lavoro.

Un punto di riferimento importante in Italia, che fa capire quanto sia importante perseguire l’idea dei rifiuti zero, è il modello Treviso.

Il modello Treviso

Il modello di Treviso e dei 50 Comuni su 95 seguiti da Contarina si basa sul principio “paghi quanto produci”. La società fornisce ai cittadini un calendario e bidoncini di diverso colore e dimensioni. Al giorno prestabilito è necessario mettere fuori dalla porta di casa il bidone e la società passa a ritirarli porta a porta. Per i rifiuti speciali, come ad esempio l’olio esausto, sempre la società fornisce il bidoncino che poi verrà svuotato dall’utenza nelle isole verdi. La tariffa è costituita da una quota fissa ed una variabile proprio in base alla quantità di rifiuto “secco non riciclabile” prodotto. Anche i sacchetti della spazzatura sono consegnati dalla società e, in caso di necessità, si possono acquistare separatamente con il proprio codice personale.

In termini di raccolta differenziata Treviso è il primo capoluogo d’Italia. La percentuale di rifiuti differenziati infatti è dell’84,5%, ben oltre alla media veneta che si attesta al 72,91% (dati ISPRA 2016). Tutto il trevigiano però è sinonimo di eccellenza da questo punto di vista. Ci sono comuni infatti, come Trevignano, che arrivano a differenziare l’87,7%, con una produzione di secco residuo di 36,4 kg per abitante nel 2017.

Occupazione 

Ma parliamo di occupazione, si stima che nell’UE grazie all’economia circolare potrebbero esserci 700.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030.

Ma come? I dati certificano che smaltire 10 tonnellate di rifiuti crea i seguenti posti di lavoro:

1 attraverso gli inceneritori
6 nelle discariche
36 negli impianti di riciclo
296 nell’intera filiera del recupero, riprogettazione e ri—manifattura.

La vera strategia

Insomma, l’unica strada realmente percorribile a Roma sui rifiuti è  la spinta sulla differenziata partendo dalla frazione organica, sul recupero della materia prima, sull’autosufficienza e prossimità: tutti elementi ribaditi e rafforzati nel Pacchetto Economia Circolare dell’UE.

Ah, quanto alla questione dell’energia da produrre per rispondere alla guerra in Ucraina sembra più un modo per chiudere la discussione, che una vera ragione da mettere sul piatto. Anche perché, a conti fatti, il costo di un MVH prodotto con un inceneritore RSU costa 228 euro, mentre un MVH prodotto con l’eolico quasi un quarto in meno: 63 euro. Fine della scusa.