Cosa succede agli insetti?

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Cosa succede agli insetti?

a cura di Fausta Cotone*

Gli insetti forniscono molti servizi ecosistemici da cui dipendono gli esseri umani, tra cui l’impollinazione di frutta, verdura e frutta secca. Ma non solo. Una seria diminuzione degli insetti perciò può avere conseguenze ecologiche ed economiche globali

Negli ultimi 10.000 anni la popolazione umana è cresciuta da 1 milione a 7,8 miliardi. Gran parte delle terre coltivabili della Terra sono ormai già utilizzate per uso agricolo, milioni di acri di foresta tropicale vengono eliminati ogni anno, i livelli di CO2 atmosferica sono al punto più alto di concentrazione degli ultimi 3 milioni di anni e il clima cambia in modo irregolare e costante da polo a polo, innescando siccità senza precedenti, incendi e inondazioni in tutti i continenti. La maggior parte dei biologi è d’accordo sul fatto che il Pianeta sia entrato nella sua sesta estinzione di massa, il primo dalla fine del Cretaceo, cioè 66 milioni di anni fa, quando più dell’80% di tutte le specie, compresi i dinosauri non aviani, morirono. Una valutazione del 2019 sosteneva che la metà di tutti gli anfibi era in pericolo (e di questi, il 2,5% ad oggi si è purtroppo già estinto). Il numero di uccelli in tutto il Nord America è diminuito di 2,9 miliardi di unità dal 1970. Il 40% delle specie di insetti potrebbe essere a rischio di estinzione nei prossimi decenni E un rapporto delle Nazioni Unite del 2020 ha stimato che più di un milione di specie sono in pericolo di estinzione nei prossimi decenni. Insomma, il quadro non è roseo.

SIMPOSIO ANNUALE

Per fare un punto sullo stato delle conoscenze sul globale stato degli insetti, la Società Entomologica d’America ha ospitato un simposio durante il tradizionale incontro annuale a St. Louis, Missouri, nel novembre 2019. La Società aveva ricevuto molti solleciti per accelerare questo incontro, poiché in tanti si interrogavano circa la validità delle affermazioni sul rapido declino degli insetti. La comunità entomologica internazionale aveva bisogno di una revisione approfondita e di una condivisione urgente degli aggiornamenti. Obiettivo del simposio: assemblare il mondo degli esperti di biodiversità e conservazione degli insetti per aggiornare lo stato delle conoscenze. Agli undici oratori invitati fu chiesto di richiamare l’attenzione sulle lacune dei dati esistenti, valutando nella giusta misura i principali fattori di stress, causa del preoccupante calo della popolazione di insetti. Tutti gli interventi sono stati registrati in forma integrale e sono disponibili sul sito https://www.entsoc.org/insect-decline-anthropocene. Furono dunque esaminati in dettaglio i dati a disposizione, valutate le principali minacce e le prospettive dal punto di vista geografico, ecologico, sociologico e tassonomico.

ALCUNE SPECIE DIMINUISCONO…

Sebbene gli sforzi di conservazione si siano storicamente focalizzati sulla protezione degli esemplari più rari e carismatici in via di estinzione, questa apocalisse degli insetti costituisce una sfida di certo non meno importante. Oltre alla perdita di taxa rari, molte segnalazioni infatti si riferiscono ormai sempre più spesso a specie di insetti che in precedenza risultavano ‘abbondanti’. Gli insetti costituiscono gran parte della biomassa animale che collega produttori e consumatori. Molti insetti numericamente abbondanti forniscono servizi ecosistemici da cui dipendono gli esseri umani: l’impollinazione di frutta, verdura e frutta secca; il controllo biologico di erbe infestanti, parassiti agricoli vettori di malattie e altri organismi che possono competere con gli esseri umani o minacciare la loro qualità di vita. Una grave diminuzione degli insetti può perciò avere conseguenze ecologiche ed economiche globali.

…MA ALTRE AUMENTANO

Quattro relatori del Simposio di St Louis riportarono peraltro casi di insetti che non solo non erano in diminuzione ma, al contrario, addirittura in espansione. Molte specie di falene in Gran Bretagna sono aumentate per diffusione e dimensioni. Numerosi insetti che vivono in zone temperate e che in passato, nei periodi più freddi, erano presenti in numero limitato, sono aumentati  in abbondanza e dimensioni, come conseguenza di temperature globali più alte. Taxa antropofili (cioè che prediligono aree frequentate e coltivate dall’uomo) includono molti impollinatori, come l’ape occidentale (Apis mellifera) in Nord America, che potrebbero prosperare se non esistessero altri elementi di disturbo legati all’inquinamento. Per esempio l’abbondanza crescente di insetti d’acqua dolce è stata attribuita a normative adeguate sull’acqua pulita, sia in Europa che nel Nord America. Mentre gli insetti terrestri stanno diminuendo a un ritmo vicino all’1% all’anno, alcuni insetti acquatici sembrano aumentare in abbondanza, pure in questo caso di circa l’1% all’anno, forse anche per l’aumento della temperatura delle acque. In alcuni luoghi si è registrato un aumento degli insetti erbivori grazie all’utilizzo di piante come fonti di cibo per adulti o larve e ci sono casi in cui l’introduzione di determinate piante ha salvato specie in pericolo.

FATTORI DI STRESS

Numerose prove fornite dai ricercatori hanno confermato quello che già sappiamo su quali sono, in tutto il mondo, i principali fattori di disturbo per il declino degli insetti, come del resto di altre specie animali: cambiamento nell’uso del suolo (in particolare la deforestazione), cambiamento climatico, eccessiva estensione dell’agricoltura, introduzione di specie aliene in competizione, nitrificazione del terreno e inquinamento. A livello locale e regionale, gli insetti sono insidiati da fattori di stress aggiuntivi, come insetticidi, erbicidi, urbanizzazione e inquinamento luminoso. Nelle aree ad alta attività umana, dove il calo degli insetti è più evidente, tutti questi fattori di stress si verificano contemporaneamente. Certo è difficile dire quali siano, tra questi numerosi fattori, quelli effettivamente più dannosi. Ad esempio negli Stati Uniti il declino dell’ape domestica è stato collegato all’arrivo di specie aliene di acari, infezioni virali, parassiti microsporidi, avvelenamento da neonicotinoidi e altri pesticidi, perdita di habitat, uso eccessivo di alimenti artificiali per mantenere gli alveari e consanguineità. Ma dopo più di 14 anni di ricerca non è ancora accertato scientificamente quali di questi fattori siano più dannosi per la salute delle api.

DAGLI ANNI ’50 IN POI

Il tasso di perdite si è intensificato dopo la seconda guerra mondiale, quando le fattorie familiari iniziarono ad associarsi in operazioni commerciali più grandi. Trattori moderni e attrezzature meccanizzate aiutarono ad accelerare l’industrializzazione dell’agricoltura e gli insetticidi divennero ampiamente disponibili, così come i fertilizzanti sintetici. L’agricoltura moderna è diventata spesso incompatibile con la natura e, nelle aree tropicali, i suoi effetti sono particolarmente preoccupanti. La deforestazione, principalmente per l’espansione agricola, sta procedendo in modo allarmante, con effetti smisurati su insetti e altri artropodi. Gli effetti cronici della nitrificazione, la combustione di combustibili fossili e la produzione di oltre 200 milioni di tonnellate di azoto reattivo (soprattutto per i fertilizzanti) ogni anno, sono ora ampiamente riconosciuti come principali fattori di stress globale per la biodiversità di insetti e piante. Allo stesso modo, ci sono prove documentate che l’inquinamento luminoso causato dall’urbanizzazione sia un importante fattore di stress.

COSA FANNO I GOVERNI

Nel giugno 2018, l’Unione Europea ha approvato un’iniziativa per proteggere gli impollinatori negli Stati membri. Nel settembre 2019 il governo federale tedesco promise   $ 118.500.000 per la conservazione degli insetti, il monitoraggio e la ricerca. Il governo svedese prevede di spendere 25 milioni di dollari per la protezione degli impollinatori con iniziative nei prossimi 3 anni. Nella primavera del 2020, il governo del Costa Rica ha approvato uno sforzo di $ 100 milioni per l’inventario delle specie a rischio e per sequenziare il codice del DNA di ogni creatura multicellulare nel Paese da oltre un decennio, con finanziamenti che provengono da fonti internazionali. L’Unione Europea e molti altri Paesi hanno emanato leggi per limitare l’uso di alcuni pesticidi. Diversi neonicotinoidi, insetticidi che vengono comunemente applicati ai tegumenti e poi assorbiti dai tessuti in crescita, sono stati banditi dall’agricoltura perché anche il nettare di una pianta trattata e il polline dei fiori possono essere tossici per gli insetti. Purtroppo negli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Trump sono state apportate molteplici modifiche alle politiche federali che puntavano alla conservazione della biodiversità. E dai siti web del governo fu eliminata ogni menzione del cambiamento climatico.

L’INTERESSE AUMENTA

Sui social media le pagine che si occupano di insetti stanno fiorendo. I gruppi Facebook dedicati si stanno propagando in tutto il mondo, specializzati per taxon, regioni geografiche e persino stadio della vita. Il gruppo Facebook del Nord America ha attualmente più di 15.000 membri. Il sito web del gruppo Moth Photographer è passato da 1,8 milioni di visualizzazioni nel 2010 a più di 14,7 milioni nel 2019. iNaturalist, una risorsa online per l’identificazione della tassonomia, vanta attualmente più di 14.000.000 di messaggi sugli insetti dal 2010. Cifre da record. Rimane un urgente bisogno di dati di serie temporali in modo che ogni trend possa essere valutato in modo accurato. Come è stato rilevato da molti studiosi, ci sono notevoli variazioni nella distribuzione globale degli studi demografici sugli insetti: la stragrande maggioranza dei dati a lungo termine vengono da Europa e Stati Uniti, aree che complessivamente ospitano meno del 20% di diversità globale delle specie di insetti.  In futuro dovrà essere posta maggiore attenzione all’acquisizione di dati di tendenza che provengono dalle regioni tropicali dell’America del sud, dell’Africa e dell’Asia. D’altronde fino ad oggi sono state impiegate relativamente poche energie per valutare la letteratura non inglese, che può invece essere ricca di elementi forniti da tanti Paesi asiatici. In verità  spesso la scarsità di dati dai tropici e altrove nell’emisfero australe non è causata da mancanza di interesse o di metodologia, ma piuttosto da budget troppo ridotti o addirittura inesistenti. In ogni caso tutto il materiale di ricerca che viene prodotto in qualsiasi parte del mondo, riporta una verità inoppugnabile: la crisi della biodiversità accelera man mano che la popolazione umana del Pianeta cresce, sempre più aggravata dai recenti cambiamenti climatici senza precedenti e da altri fattori di stress antropici. Il tempo non è dalla nostra parte ed è necessaria un’azione urgente a favore della natura.

Liberamente tratto dalla pubblicazione “Insect Decline in the Anthropocene: death by thousand cuts” (PNAS 2021, vol 118, n.2), Wagner et al.