Intervista a Daniele Durso,
CEO Founder di Incomia Communication
di Luca Casamassima
Stai per leggere l'intervista a Daniele Durso di Luca Casamassima, blogger ed autore del sito nongarantisco.it.
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Partiamo da un dato di fatto: Incomia è un punto di arrivo. E' il prodotto finale di una serie di nomi e di realtà che sono venute prima. Ecco, di quali nomi e di quali realtà si parla e come si è arrivati ad Incomia?
La prima realtà, la più importante, è stata la Dursografica nata nel 2009. Era diversa perché c'ero solo io e si occupava prevalentemente di grafica, come suggerisce il nome. Con il tempo, nel 2015, abbiamo avviato il progetto Incomia cambiando nome, facciata... Ci serviva un'immagine che rappresentasse una realtà che era cambiata, dal momento che adesso ci occupiamo di comunicazione su più livelli: soprattutto la consulenza, anche se la parte grafica è rimasta, ma anche web, seo, social... Di conseguenza Incomia rappresenta più, a livello di immagine, un'azienda e non una persona singola. Questa è stata l'evoluzione.
La comunicazione è centrale, in questo momento storico. Come ci si affaccia sul mercato della comunicazione dicendo: "in mezzo a tutte queste realtà, dovresti preferire me per questo motivo."?
Noi abbiamo provato a dare l'esempio, con Incomia. Abbiamo realizzato un piano comunicativo per la nostra attività che è poi un po' quello che il cliente che si rivolge a noi dovrebbe fare. Spesso il problema è che tu ti rivolgi ad una agenzia di comunicazione e chiedi di creare un'immagine per la tua azienda e quella stessa agenzia non ha un'immagine sua, se non qualcosa di asettico, di predefinito. Quello che noi consigliamo sempre è di creare una storia, anche di fantasia come nel caso di Incomia: l'astronauta, lo spazio, non centrano direttamente con il mondo della pubblicità ma sono parte di una storia che ti può appassionare, ti può incuriosire e ti porta poi a conoscere quello che l'agenzia fa. Poi naturalmente te la giochi con il cliente, ovviamente, con i prodotti ed i servizi che vendi... non è solo pubblicità, insomma.
Quindi tutto sta nel primo impatto.
Sì.
Quali aziende si rivolgono ad Incomia? Avete un bacino fatto da un'unica tipologia di aziende? Ce ne sono diverse?
Il target di Incomia varia molto. Siamo cresciuti parecchio negli ultimi 2 anni, soprattutto per quello che riguarda i servizi. Ci siamo "portati dietro" dei clienti che seguivamo anche 8 anni fa e che facevano parte di un tipo di clientela diversa rispetto a quella che acquisiamo adesso. Di conseguenza abbiamo la piccola azienda che è affezionata a noi, che ci segue e che noi seguiamo a nostra volta, e poi l'azienda un po' più grande.
Un target molto variegato, diciamo.
Sì, è variegato. La cosa interessante è che è cambiato e cresciuto nel tempo, però quello che avevamo acquisito in passato è rimasto.
Quindi un'azienda può venire da voi e dire: "vi affido la mia immagine", in sostanza.
Sì. Noi seguiamo il web, la stampa, la grafica, l'immagine in generale... Spesso succede che ci venga richiesto di sviluppare un preventivo per un progetto che l'azienda ha già ideato; dopo aver fatto il preventivo per ciò che ci è stato richiesto, noi tendiamo sempre a parlarne: spesso quello che ci chiedono potrebbe essere perfezionato. Ovviamente se l’azienda ci richiede di realizzare un sito web con determinate caratteristiche, proponiamo il preventivo e lo facciamo. Ma forse quel sito web, con quelle caratteristiche, non è la cosa giusta per te. Se a monte non c'è la consulenza di qualcuno che ti consiglia i passi giusti da fare, il progetto che mi chiedi di realizzare può portarti sulla strada sbagliata.
Quindi c'è una sorta di "servizio di guida" al raggiungimento degli obiettivi.
Assolutamente sì.

A livello di gruppo, di lavoratori, che figure sono impegnate in Incomia?
Ogni professionista ha il suo settore. Si parte dalla grafica, che è la base: la realizzazione del logo, del volantino, del sito, del post su Facebook, del menù, dell'insegna; si passa poi al social: gestione delle campagne, profilazione del target, e social non vuol dire solo Facebook, facciamo anche altro; e poi c'è il discorso web: realizzazione del sito. La S.E.O. e cioè il servizio di indicizzazione sui motori di ricerca. La S.E.O. è il servizio, insieme alla consulenza, al momento più interessante perché è quello che va ancora "scoperto": sia da noi, perché i motori di ricerca sono sempre in continua evoluzione, sia per i clienti che spesso pensano che realizzare un sito sia fine a se stesso e poi si sia già su Google. Non funziona così.
Volevo tornare al discorso dei social: che vuol dire non esiste solo Facebook?
I social sono tantissimi. Facebook è quello più commerciabile, perché è quello più popoloso, ma soprattutto perché a livello commerciale è quello che ha un pannello di profilazione e indirizzamento della campagna pubblicitaria più definito. Zuckerberg, molto probabilmente, ha pensato prima al pannello per la profilazione del target e poi al resto; di conseguenza, quando io faccio una campagna su Twitter, ho degli strumenti di profilazione che sono molto limitati in confronto agli stessi strumenti che ho su Facebook: se io voglio raggiungere le donne che hanno una fascia d'età tra i 20 ed i 35 anni che transitano abitualmente a Roma – perciò non vi abitano, magari sono pendolari o ci lavorano soltanto – e che hanno un figlio che va dai 4 ai 6 anni, io con Facebook le posso trovare e raggiungere con una campagna mirata.
Diciamo che Facebook si fa più i fatti nostri.
Sì. Infatti prima, nella creazione del profilo, ti chiedevano nome e cognome e basta, adesso ti chiedono gli studi che hai fatto, le esperienze lavorative, dove hai vissuto... Queste sono informazioni che servono a noi per la profilazione.
A livello personale, non ti spaventa tutta questa tracciabilità?
Sto molto poco sul mio profilo personale Facebook. Più lo conosci e più lo eviti.
Per quanto riguarda il mondo dei social: quali sono i parametri per cui una notizia acchiappa oppure no? E' vera la regola del non scrivere troppo, non parlare troppo, metti più foto...
Facebook ha tutta una serie di algoritmi; uno di questi è in base alla tipologia di post: sul mio profilo personale, ad esempio, io vedo quasi ed esclusivamente video. Facebook ha capito che con me funzionano meglio i video. Di conseguenza, se ci sono dieci pagine che hanno lo stesso tipo di budget ed io rientro nelle profilazioni di tutte e dieci, se solo due di queste producono video, è probabile che io veda i post di almeno una di queste due pagine. Lo stesso elemento con lo stesso budget e la stessa profilazione ma con una foto, è probabile che io non lo veda. Questo riguardo ai formati: testo, foto, link, gif, e ce ne saranno sempre di più. Per quanto riguarda il contenuto, è tutto un po' più deprimente: la storia dei gattini è vera! Adesso, per esempio, fanno clamore le fake news. Questo fa capire che quando una notizia è palesemente falsa ma tu vuoi che sia vera, la notizia diventa vera. Non vai a vedere se è credibile: se conferma una tua idea la condividi, punto. Anche se noi non facciamo un'informazione culturale ma commerciale, è importante controbilanciare questa cosa, soprattutto le agenzie che sanno quanto è forte sulla massa il potere dei social. Noi cerchiamo di controbilanciare questo fenomeno, nel nostro piccolo, facendo informazione commerciale ma anche sociale, quando possibile.
Incomia è abbastanza schierata, su Facebook; politicamente non lo diciamo, ma socialmente lo è abbastanza. Ci sono una quantità di post che riguardano una serie di tematiche sociali sensibili. Quanto questo, secondo te, ha convinto qualcuno ad arrivare e quanti, invece, li ha convinti ad andare via? Hanno un peso queste cose? E' meglio mostrarsi asettici e accaparrarsi più gente? E' chiaro che la vostra politica non è stata quella di rimanere asettici... Ti sei fatto dei calcoli?
La politica la vedo più in secondo piano, gli argomenti più importanti riguardano l’etica e la responsabilità sociale, quando si fa comunicazione. Per noi “perdere” aziende che ci scartano solo perché abbiamo un interesse sociale è già una scrematura. E a noi questo non dispiace.
In questa intervista a Daniele Durso vorrei toccare anche un altro argomento: di cosa hanno bisogno le imprese da un punto di vista fiscale? L'Italia è un terreno fertile per la nascita di nuovi progetti?
Secondo me gli strumenti fiscali e le istituzioni ci sono; non credo servano nuove riforme per far crescere o far andare meglio le aziende. In Italia, semplicemente, spesso si fa il "fai da te" su tutto: prendi il commesso che magari è tuo cugino, prendi il commercialista che è tuo zio... questo anche per quanto riguarda i fornitori: spesso ci si rifornisce da aziende basate a loro volta sul fai da te. L'azienda è fatta quindi da personale arrangiato, che si rifornisce da aziende arrangiate e trova difficoltà quando poi arriva la multinazionale che a livello di qualità e prezzo ti devasta. Il piccolo, però, se è fatto con creatività, originalità ed unicità non ha bisogno di finanziarie per andar bene. Basta investire nel modo giusto.

Incomia nasce in seguito ad un tuo desiderio di fare da solo, con la Dursografica. Quanto è stato difficile mettere in piedi qualcosa di proprio?
Tanto. C'è tanta paura, non hai possibilità di avere contratti a lungo termine, non hai garanzie nel tempo... Questo però fa parte dell'imprenditoria, non c'entra la crisi, il governo, la destra o la sinistra. Fa parte del gioco ed è giusto che sia così: se un imprenditore è valido va avanti, se non è valido è giusto che non vada avanti. Son quasi dieci anni che noi siamo in piedi e diciamo la nostra e continueremo a dirla.
Incomia ha sede in un paese relativamente piccolo. C'è differenza, per quanto riguarda la clientela, tra un'azienda nata in un contesto cittadino più piccolo rispetto all'azienda nata in una grande città? Quanto influisce?
Nel nostro caso non influisce minimamente perché noi siamo molto presenti sul web: i clienti ci trovano su internet, non abbiamo uno studio aperto al pubblico. Se avessimo avuto un negozio, stare in un paesino o in una grande città fa differenza. Non è detto però che sia meglio o peggio. In una piccola realtà dovresti puntare su una clientela che come quantità è molto inferiore ma che si affeziona molto di più. Hai molta meno concorrenza. In una grande città hai più quantità ma è anche vero che il cliente difficilmente ritorna più volte, proprio perché ha più scelta. Devi avere comunicazioni diverse: su un piccolo paese devi puntare sulla fidelizzazione, sul lato umano dell'azienda, mentre in una grande città devi puntare più sull'aspetto commerciale.
Ricollegandoci alla creatività: una delle cose che di Incomia colpisce è il sito internet, pieno di personaggi alieni con la loro storia. Sono idee che arrivano all'improvviso o è tutto nato da un ragionamento?
E' nato da un ragionamento di gruppo durato circa 3 mesi, solo per trovare il nome dell'azienda. Il nome deve rappresentare l'azienda, l'impatto che vuoi dare... Incomia, che se vogliamo è un nome "femminile", ti dà un'idea di affidabilità, di morbidezza; un'azienda dal colto umano. La creazione dei personaggi è durata di più, un anno e mezzo; siamo partiti dall'astronauta misterioso che è un po' il fulcro, anche se nessuno sa cosa faccia, è un po’ un fannullone imbranato. E poi ci sono gli alieni, ognuno dei quali ha il suo pianeta di provenienza e il suo settore di riferimento.

Qual è la domanda che ad un imprenditore non si fa mai?
Quello che tutti pensano è: ma è vero che siete così cattivi? L'immagine dell'imprenditore è un po' il Burns della situazione... Viene visto come quello che si approfitta, sfrutta, è molto venale...
Però ci sono realtà così.
Infatti. Esistono realtà così, su più livelli. Se tu hai queste caratteristiche ma sei imprenditore di una piccola media impresa come Incomia non vai molto lontano... magari puoi avere il tuo profitto maggiorato da una politica lucrativa, ma non farai molta strada. Poi ci sono realtà più grandi che hanno una politica esclusivista: per esempio Amazon adesso sta puntando ad eliminare la concorrenza sul loro mercato di riferimento (il commercio e la vendita di prodotti), ma anche a conquistare nuovi mercati. Amazon ha creato delle linee di prodotti che vende col proprio marchio: in questo modo fa concorrenza ai commercianti che vendono quei prodotti, ma anche a quelli che quei prodotti li producono. Anche il sistema di ricerca sul suo sito web è pilotato: prova ad andare su Amazon e cercare delle batterie, senza specificarne la marca. Il primo risultato che vedrai riguarda le batterie prodotte da Amazon stesso, ovviamente.
Cosa vuole fare Incomia da grande?
Vorrebbe diventare un punto di riferimento per gli imprenditori, puntando sulla trasparenza. Il nostro è un settore dove devi investire dei fondi; noi amministriamo i fondi degli imprenditori ed è importante essere il più possibile trasparenti e corretti. Vorremmo diventare dei consulenti di riferimento per le aziende che vogliono, nel loro piccolo, migliorare la realtà commerciale del nostro Paese.
Cos'è che Incomia non garantisce?
Non garantisce che i suoi alieni non abbiano cattive intenzioni.
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