Le isole Faroe. Tra spazio e silenzio


di Davide Casazza e Viviana Gili – Foto di Davide Casazza

Un arcipelago sospeso nel tempo,dove tutto invita alla riflessione ealla pace. Tra paesaggi mozzafiato e una fauna marina purtroppo non sempre rispettata a dovere.
Un viaggio difficile da dimenticare


Cosa intendiamo oggi per solitudine e quale giudizio diamo a questo sentimento? Cosa invece ha il potere di rasserenare le nostre menti e catapultandoci in una dimensione altra, diversa dalla nostra quotidianità?Forse per trovare rispota a queste domande o, quantomento, per porsi il problema, è necessario perdersi tra le Faroe, un arcipelago formato da 18 isole, a metà strada tra Scozia, Islanda e Norvegia. È sufficiente un volo di circa quattro ore da Milano (con scalo a Copenaghen) per atterrare nel piccolo aeroporto di Sorvagur sull’isola di Vager, distante solo un’ora di auto dalla capitale Torshavn, unica città dallo stampo occidentale. Siamo alla fine di luglio e la temperatura diurna è di circa 10°; la nebbia invade le coste e il paesaggio, completamente scevro di alta vegetazione, si impone fin da subito come il vero e sublime protagonista.

ISOLE SEMI-DESERTE

Per godere appieno del viaggio è bene pianificare l’itinerario dall’Italia, in modo tale da poter gestire in autonomia i tempi e le escursioni sulle isole: alcune di esse sono collegate tra di loro tramite ponti subacquei, permettendo così di guidare lungo le solitarie rotte, mentre per raggiungerne altre è indispensabile il trasporto in battello. È questo il caso della visita alla più occidentale delle Faroe: l’isola di Mykines, splendido rifugio per puffin, sule e sterne artiche. Il costo del biglietto, acquistabile solo on-line, equivale a 13 euro circa, mentre per transitare nella zona più ad ovest dell’isola è necessario pagare una tassa di 12 euro. Dopo aver attraversato il ponte sospeso tra due falesie e più di due ore di marcia, si giunge là dove nidificano i puffin. Il cammino lascia senza fiato: il piccolo abitato – in cui vivono stabilmente solo 6 persone –, è completamente immerso nella natura, circondato dal silenzio eaccarezzato dal vento del nord. L’unico altro elemento antropico è il faro, eretto nel 1909, che sistaglia sull’alto crinale a picco sull’Oceano Atlantico. La presenza umana è tanto marginale in questo angolo di Mondo che l’attenzione è interamente catalizzata dalla pulcinella di mare che qui nidifica, scavando il proprio nido sotto terra e sfruttando cunicoli relizzati da piccoli mammiferi. Non è necessario un lungo appostamento per poter scattare le prime fotografie dei puffin che, sebbene intimoriti dall’uomo, non sembrano curarsene più di tanto: alcuni di essi recano il pesce nelloro becco piatto e arancione, segno che i cuccioli sono ancora all’interno dei nidi, al riparo dalla brezza artica.

INSENATURE ROSSE

Se, a primo acchito, l’esigua densità abitiva sembra suggerire una limitata influenza dell’uomo sulla natura, è necessario ricredersi: è proprio sul tragitto tra Sorvagur e Torshavn, all’altezza della baia di Sandavàgur che la realtà si mostra con tutta la sua forza. Già in lontananza, dalla via costiera, non si può rimanere che colpiti dall’intenso colore rosso dell’insenatura che stride con le stermitate lande verdi delle Faroe. È il sangue delle balene uccise durante la Grindadrap, la mattanza, una pratica in largo uso nell’arcipelago che, ad oggi, non ha più nessun legame con la sua originaria funzione: un branco di balene, accerchiato da imbarcazioni, è indirizzato e costretto verso la spaggia sulla quale tutto il paese attende di affondare gli arpioni dei loro sfiatatoi. Una volta condotte a riva, le balene vengono subito uccise e solo successivamente porzionate. I tranci più pregiati andranno agli ospedali e ai centri per anziani, il resto sarà diviso tra la popolazione della zona. Era dal 2013 che la Grindadrap non si vedeva a Sandavàgur e ora, finito il massacro, rimangono il silenzio e il profondo rosso del sangue. Inutile entrare nel merito di questa vichinga tradizione, è sufficiente documentare con qualche scatto una pratica che risulta decisamente lontana a noi europei del Sud. Ripresa la marcia con i tempi lenti che il luogo impone, dopo una sosta al benzinaio e all’emporio ad esso associato, ci si spinge verso Gjogv per la stretta strada, larga una sola carreggiata, che porta ad una baia completamente deserta.

LUOGHI SOSPESI NEL TEMPO

Doverosa è poi una tappa a Saksun, il villaggio dai tetti erbosi dell’isola di Steymoy, e soprattutto al lago di Sorvagsvatn, sull’isola di Vagar. Sospeso a soli 30 metri sul livello del mare, si getta direttamente nel Nord Atlantico con una spettacolare cascata. Prima della partenza c’è tempo per un salto a Gasàdalur per godere del panoramica vista sull’isola di Mykines e per fare qualche scatto alla cascata che sfocia nell’Oceano. Per fortuna la fitta nebbia delle prime ore della mattina si dirada e lascia spazio ad un pallido sole. Al termine di ogni viaggio è doveroso fare un bilancio delle tante esperienze, degli stimoli e della immagini che non lasceranno più i nostri occhi, almeno nei ricordi. Le isole Faroe devono necessariamente essere ascritte tra quei luoghi che, sospesi tra lo spazio e il tempo, permettono lariflessione e, se i bambini si tuffano in acqua senza curarsi dei pochi gradi sul termomentro, il consiglio è quello di coprire bene il corpo per riparasi dal freddo artico, ma lasciare liberi gli occhi per godere dello spettacolo della natura. Magari in silenzio, staccando i cellulari.