Piccoli rifiuti, Grandi danni

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Piccoli rifiuti, Grandi danni


di Roberto Cavallo, Francesco Rasero, Emanuela Rosio, Francesca Davoli

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Una ricerca dell’Università di Torino, commissionata da AICA, mette in luce interessanti aspetti legati al “littering” e aiuta a pensare come contrastarlo.


Littering: studiarlo per contrastarlo

«Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura», diceva Sun Tzu ne “L’arte della guerra”.

Per questo AICA - Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale- ha deciso di studiare scientificamente il fenomeno dell’abbandono di piccoli rifiuti, per poterlo contrastare in modo efficace, analizzandone sia la caratterizzazione puntuale sia le ragioni che portano le persone a compiere il gesto di gettare un rifiuto nell’ambiente. Il “nemico”, in questo caso, ha un nome inglese che lo identifica (e che non trova una traduzione precisa in italiano): littering. Ovvero “l’abbandono –deliberato o involontario– di rifiuti di piccole dimensioni in spazi pubblici o aperti all’utilizzo pubblico”.

Insieme a un team di sociologi del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino è stata realizzata una ricerca, con l’obiettivo primario di indagare sulle cause del littering.
Lo studio è stato sostenuto dal Ministero dell’Ambiente per la Tutela del Territorio e del Mare, dal CONAI - Consorzio Nazionale Imballaggi e dai sei Consorzi di Filiera -Cial, Comieco, Corepla, Coreve, Ricrea e Rilegno, che sovraintendono rispettivamente le filiere del riciclo degli imballaggi in alluminio, carta e cartone, plastica, vetro, acciaio e legno.

I ricercatori Arrobbio, Magariello, Padovan e Vilboux spiegano “Si tratta di una pratica che colpisce per almeno due motivi: la mancanza di rispetto nei confronti della collettività e degli spazi comuni e la noncuranza delle conseguenze ecologiche che tale comportamento può provocare. Inoltre, siamo alle prese con un gesto stigmatizzato, quindi socialmente difficile da giustificare: anche per questa ragione può risultare difficile indagare su un comportamento che si è poco propensi a manifestare o ad ammettere di tenere».

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Quattro mesi di osservazione
Per oltre quattro mesi -da fine maggio a inizio settembre 2017- gli studiosi hanno condotto le loro analisi in tre regioni del nord ovest: Piemonte, Lombardia e Liguria. Si è trattato di una ricerca sul campo, con l’uso sia di interviste che della cosiddetta “osservazione naturalistica” dei comportamenti, ovvero senza interagire direttamente con i soggetti osservati per non alterarne l’azione. Gli studiosi hanno anche valutato non solo le abitudini degli individui, ma anche le condizioni “di contesto”, che possono favorire o disincentivare il rispetto dell’ambiente e delle norme civiche. Ad esempio, la presenza di bidoni o cestini stradali è una variabile determinante per contrastare la pratica del littering, mentre al contrario un’area con evidenti segni di degrado o noncuranza risulta più facilmente territorio fertile per ulteriori pratiche di inciviltà.  Senza dimenticare anche altri fattori, come la minore o maggiore concentrazione di persone, il momento della giornata e la relativa illuminazione (naturale o artificiale) e utilizzo che viene fatto del luogo. Per questo lo studio ha visto un mix di contesti “ordinari” (stazioni, vie centrali delle città, centri commerciali, ma anche zone periferiche e/o residenziali) e “straordinari”: le vicinanze di una tabaccheria per osservare l’abbandono di pacchetti di sigarette (o parti di essi), quelle di una gelateria per coni, coppette e tovaglioli, oppure i pressi di un’area verde per studiare i comportamenti post picnic. Ma anche un rifugio montano, una spiaggia, un’area fluviale e un festival.
Il numero delle rilevazioni è risultato leggermente sbilanciato verso il genere maschile (59% delle rilevazioni contro il 41% di donne), mentre tutte le fasce d’età sono risultate rappresentate. Molto variabile la tipologia di oggetti nelle mani dei soggetti osservati: sigarette, contenitori per bevande, fazzoletti di carta, biglietti, alimenti e altri imballaggi.

Un oggetto su tre viene gettato nell’ambiente. Da chi?
L’osservazione ha permesso di valutare che un oggetto su tre (il 33%) è diventato “littering”, sia in quanto gettato a terra volontariamente oppure abbandonato accidentalmente. Ma chi sono i responsabili di tutta questa sporcizia?

Lo studio ha permesso di osservare alcune importanti caratteristiche. «Un primo spunto è relativo al genere. La percentuale delle donne osservate nel mettere in atto pratiche corrette è superiore a quella degli uomini: i comportamenti virtuosi femminili sono stati quasi il 70%, contro il 60% di quelli maschili».

Un altro risultato interessante arriva dall’analisi della relazione con la numerosità dei gruppi osservati. «La presenza di altre persone aumenta il controllo sociale che incentiva gli individui a rispettare le norme sociali relative all’abbandono dei rifiuti -spiegano gli studiosi- Tuttavia, nel momento in cui il numero di persone che compongono il gruppo aumenta di consistenza, tende a ridursi anche il controllo sociale».

Anche il luogo in cui ci si trova influenza l’attitudine al littering: le zone semiperiferiche delle città, le scuole e le università, le aree turistiche e quelle dedicate allo svago, infatti, guidano la classifica negativa della sporcizia, mentre i comportamenti virtuosi salgono decisamente quando ci si trova in aree commerciali, parchi cittadini o a fare attività outdoor. Inoltre, la presenza di altri rifiuti già abbandonati sul territorio aumenta la propensione a disfarsi di piccoli rifiuti senza curarsi delle conseguenze.

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I mozziconi: un problema percepito in modo anomalo
Il rifiuto più diffuso, tra quelli dispersi nell’ambiente, è dato dai mozziconi: solo una sigaretta su tre viene gettata nei posaceneri, mentre le altre finiscono inevitabilmente a sporcare e inquinare. E la cosa più preoccupante, emersa dalle interviste fatte dai ricercatori dell’Università torinese, è che questo comportamento -molto più degli altri- viene tollerato, se non giustificato. Perché? I fumatori, in particolare, tendono a trovare svariate attenuanti per i loro comportamenti, legate sia alla piccola dimensione dell’oggetto che alle dimensioni ampie del fenomeno (“lo fanno tutti!”), al punto da neppure notare quanti mozziconi già ci siano al suolo. In generale, dallo studio commissionato da Aica emergono inoltre molto raramente, nelle persone, connessioni dirette tra il littering e preoccupazioni di tipo ambientale o ecologico, mentre il fenomeno viene legato quasi sempre al rispetto delle norme civiche e al decoro urbano.

Quali soluzioni?
Agli intervistati, i ricercatori hanno chiesto quali potrebbero essere, secondo loro, le possibili soluzioni al fenomeno. Le risposte raccolte sono state raggruppate in alcuni filoni principali, a partire da controllo, educazione e installazione di nuovi bidoni. Secondo molti, un’adeguata rete di controlli da parte di enti e autorità preposte a tale scopo, con eventuale ricorso a multe, sarebbe infatti un valido deterrente per chi viola le regole e le leggi in vigore nei luoghi pubblici. Con il termine educazione ci si riferisce, invece, sia a quella in ambito scolastico che al “buon esempio” che dovrebbe derivare dall’osservazione degli altri, in primis nel rapporto tra genitori e bambini. Tra le possibili soluzioni viene inoltre indicato l’aumento della presenza di bidoni e di cestini stradali, per quanto l’osservazione sul campo abbia dimostrato, al contrario, come un numero significativo di azioni di littering avvenga ugualmente anche in presenza di getta-carte nelle vicinanze.

Le conclusioni dei ricercatori
Lo studio dell’Università di Torino ha voluto dare una diversa luce sul fenomeno del littering, da un lato per ribadirne l’importanza e dall’altro per capire come affrontarlo, sia concettualmente che operativamente.

«Alla luce di quanto messo in evidenza dalla ricerca, uno sforzo considerevole andrebbe effettuato per affrontare innanzitutto il problema dell’abbandono delle sigarette. In questo caso una maggiore presenza di posacenere pubblici e un intenso ricorso alla sensibilizzazione sul tema potrebbero rappresentare accorgimenti utili -concludono i quattro ricercatori- L’idea del controllo, se adeguatamente messa in atto, è potenzialmente un buon deterrente contro il littering.

Sicuramente utile può essere anche il miglioramento del sistema di pulizia e raccolta, per quanto anche questa soluzione potrebbe portare a una sorta di “abbassamento della guardia” come possibile effetto indesiderato inverso.
Fondamentale risulta invece la realizzazione su larga scala -sia nazionale che territoriale- di campagne di sensibilizzazione ed educazione, che comprendano anche il target della popolazione adulta. Concludono dall’Università: «Abbiamo notato una marcata tendenza a considerare i percorsi educativi utili solo per formare i bambini o i giovani in età scolare, mentre per gli adulti molto più spesso è stato fatto riferimento a controlli e multe. Occorre puntare su percorsi di sensibilizzazione anche per gli adulti, che evidenzino le conseguenze ambientali, talvolta messe in ombra dalla tendenza a considerare solo i problemi estetici del fenomeno. Per questo è fondamentale l’implementazione di campagne declinate in maniera specifica in base al target, che mirino ad aumentare la consapevolezza ambientale e le varie implicazioni del fenomeno del littering in tutti gli strati della popolazione».

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