Orsi e lupi: resilienza, conservazione e gestione

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Orsi e lupi sono riconosciute come specie controverse in Italia e in Europa. La risposta umana alla loro distribuzione va dalla piena accettazione al desiderio di eradicazione. Tuttavia tutelare la natura e trovare soluzioni di coesistenza è una pratica che dovrebbe esserci più naturale.

di Elisabetta Tosoni

Immaginiamo di prepararci per un lungo a viaggio a piedi con la curiosità o l’esigenza di fermarci in un posto per un tempo che non siamo in grado di pianificare, magari per tutta la vita. La nostra capacità di stare bene e quindi di sopravvivere dipenderà da molti fattori. Dalla nostra idoneità e preparazione fisica e mentale, dalla nostra capacità di percorrere lunghe distanze, dai nostri vestiti per fare fronte a tutte le temperature, dalle nostre riserve di cibo nello zaino, da come siamo in grado di trovare cibo e adattarci a quello che troviamo, dal percorso che scegliamo e da quello che questo percorso è in grado di offrire intermini di rifugio e cibo.  Non da ultimo dalla gentilezza, dall’accoglienza e dalla tolleranza delle persone che incontriamo e che potrebbero alleviare il nostro cammino offrendoci un riposo tranquillo ed un piatto caldo ma anche dal nostro modo di porci con le persone che incontriamo.

Tutto dipende dalla nostra resilienza, ovvero dalle nostre capacità di adattarci ai cambiamenti dell’ambiente in cui viviamo. Quanto più si è resilienti e quanto più un ambiente risulterà “amichevole”, ricco e diversificato, tanto più riusciremo a rimanere in piedi, a camminare o a trovare un posto dove fermarci e costruire una famiglia.

Partire da noi, invece che da lupi o orsi, è il primo passo per affrontare un argomento, soprattutto quando si parla di specie conflittuali come orsi e lupi. Cambiare prospettiva permette di acquisire una maggiore consapevolezza, il primo passo per decidere di prendere o meno una posizione.

Dove si muovono i lupi e gli orsi? In un ambiente che abbiamo modificato e continuiamo a modificare; in un mosaico di aree naturali e aree sottoposte a diversa pressione e densità umana. Un ambiente in gran parte frammentato dalla presenza di infrastrutture (strade, strutture turistiche, stazioni eoliche, paesi etc.), ma anche da politiche gestionali e amministrative che variano a livello regionale.

Un ambiente in cui molte delle informazione sui grandi carnivori sono limitate, potenzialmente erronee con il rischio di incrementare o confermare pregiudizi, credenze e miti.

Un ambiente in cui queste specie possono avere un impatto diretto sul benessere umano o sulle attività economiche degli ambienti rurali (agricoltori e allevatori) ma in cui molti dei conflitti non hanno che fare direttamente con queste specie, ma con i contrasti fra i diversi gruppi di interesse, ad esempio la sfiducia nelle Istituzioni. Un ambiente in cui l’illegalità persiste (bracconaggio con arma da fuoco, bocconi avvelenati) insieme a molte altre fonti di mortalità direttamente o indirettamente associate all’uomo (incidenti stradali, malattie trasmesse da cani vaganti e animali domestici, etc.).

Quali ingredienti deve mettere un lupo o un orso nel proprio zaino per sopravvivere a questi cambiamenti e forme di disturbo? Gli ingredienti “naturali”a disposizione non sono molti:

a)una certa elasticità nelle abitudini alimentari e nelle proprie necessità;

b) la possibilità di riprodursi spesso e compensare cosi i morti;

c) la capacità di percorrere lunghe distanze e di trovare spontaneamente nuovi territori e raggiungere altri individui.

Cosa possiedono lupi e orsi?

Il lupo è molto resiliente, ovvero riesce ad adattarsi ai cambiamenti causati dall’uomo.Hanno bisogno di molto spazio ma sono in grado di percorre ampie distanze per trovarne di nuovo e possono sopravvivere anche in un ambiente frammentato purché siano disponibili zone idonee e sicure per la cura dei cuccioli. Si riproducono ogni anno e si contraddistinguono per una flessibilità alimentare maggiore di quello che si pensa pur essendo essenzialmente carnivori. Il lupo negli ultimi decenni è riuscito ad espandere il suo areale, in contesto sia Appenninico che Alpino, riconquistando parte di quello originario, da cui era stato estirpato a causa della persecuzione da parte dell’uomo. In parte sicuramente grazie ad azioni di conservazione e gestione (protezione legale, istituzione aree protette, riqualificazione ambientale come l’introduzione di cervi etc.) ma sicuramente grazie alle proprie capacità naturali di sopravvivenza. Nonostante ciò la popolazione è ancora considerata vulnerabile soprattutto a livello locale a causa della mortalità per cause .

L’orso è molto meno resiliente e per questo a rischio potenziale di estinzione nonostante il regime di protezione vigente a livello nazionale. Sebbene l’orso sia un onnivoro (adattabile a mangiare molti cibi diversi dai vegetali, alla frutta e alla carne), considerando la mole da “nutrire” ed il fatto che per oltre 3-4 mesi in inverno non si sfama, è vincolato dalla necessità di potersi alimentare soprattutto nel periodo primaverile ed autunnale con risorse che siano molto abbondanti e ad elevato contenuto nutrizionale ed energetico per ingrassare e riprodursi. Oltre a ciò, le femmine si generano poche volte nell’arco della loro vita (ogni 3-5 anni) e non sono in grado di compensare con le nascite eccessivi livelli di mortalità.

Anche gli orsi hanno bisogno di ampi spazi ma, diversamente dal lupo, si allontanano con molta difficoltà da aree in cui hanno individuato zone sicure dove rifugiarsi, allevare la prole, svernare e trovare grandi quantità di cibo. A dimostrazione di questa bassa resilienza l’orso è ad oggi presente in Appennino con una popolazione estremamente ridotta, si stima una popolazione di circa 50 individui, distribuita quasi esclusivamente all’interno del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) e nelle aree limitrofe. Nonostante il livello medio-alto di produttività osservato, la popolazione non si accresce da oltre 10 anni. La mortalità per cause antropiche è uno dei fattori che maggiormente limitano la crescita e l’espansione di questa popolazione. Sulle Alpi l’orso si era estinto e ad oggi persiste una popolazione di circa 40-50 individui soltanto perché negli anni 90 è stato reintrodotto. Anche per questa popolazione si verificano ripetuti casi di mortalità per cause antropiche.

Nel contesto sopra descritto è chiaro che qualsiasi meccanismo di resilienza (i famosi ingredienti) sono messi a dura prova e per alcune specie, come l’orso, l’estinzione non è una ipotesi lontana. Certo la convivenza può essere difficile in alcune occasioni ma le soluzioni esistono o possono essere trovate. Il successo nella conservazione dei grandi carnivori è funzione di una complessità di fattori di natura sociale, politica e culturale, ovvero di quella che viene definita la “human dimension” della conservazione.

Perché trovare soluzioni?

Molti si domandano perché non lasciare che si estinguano? Perché dobbiamo preoccuparci dato che il “problema” è cosi complesso? I punti di vista possono essere molti e si potrebbe trovare un po’ di ragione in tutti. La prima risposta è che sono molti i benefici (culturali, di ritorno economico, etc.) che potrebbero essere associati a queste specie. Ma sarebbe bene anche considerare un punto di vista più razionale e naturale. La natura non può essere considerata come qualcosa fuori da noi, a volte bella, emozionante e che dà profitto oppure dannosa. Non possiamo decidere di abusarne o di proteggerla per puro opportunismo.  Noi siamo natura, o meglio, l’uomo e la natura fanno parte di un unico ecosistema. Preservare ogni specie vivente vuole dire preservare l’ambiente in cui vivono. Mantenere la diversità rende un ecosistema resistente e soprattutto resiliente, ovvero pronto tamponare qualsiasi imprevisto o cambiamento.