La natura unica dei Monti Altai
di Roberto Cazzolla Gatti
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Nella remota regione dei monti Altai, all’incastro tra Russia, Kazakistan, Mongolia e Cina la Natura sembra essersi divertita a sperimentare, mescolare e combinare insieme differenti elementi biologici, geologici e antropologici creando uno scrigno di diversità unico e straordinario. L’Altai rappresenta l’ombelico dell’Asia, incubatore di culture, imbuto di confluenza di specie e popoli, sorgente di strutture geologiche e di peculiarità biologiche.
Raggiungere la regione non è semplicissimo. Le città di Tomsk, Novosibirsk o Barnaul, nella Siberia Occidentale, sono i punti di accesso più agevoli per chi viene dall’Europa e da lì due giorni di autobus conducono nel cuore degli spettacolari Monti dell’Altai. Il viaggio è lungo, ma da togliere il fiato. La strada che solca le valli rastremate dai rilievi mongoli a oriente e kazaki a occidente, passando dalla Russia a nord alla Cina a sud, è stata più volte inserite nella top ten delle rotte più spettacolari al mondo.
La bellezza del sito è tale che l’UNESCO ha nominato il nord Altai Patrimonio dell'Umanità nel 1998 poiché “rappresenta una sequenza completa di zone altitudinali di vegetazione della Siberia centrale, tra cui la steppa, la foresta di conifere, il bosco misto, la vegetazione sub-alpina e la vegetazione alpina”.
I rilievi dei Monti Altei trovano origine nella collisione tettonica tra la placca indiana e quella siberiana. Molte zone di faglia caratterizzano quest’area (tra cui la faglia del Kurai e la faglia del Tashanta, recentemente identificata). Alcune di esse sono ancora tettonicamente molto attive. Ed è proprio questo corrugamento del paesaggio a renderlo indimenticabile. Fiumi di acqua cristallina scorrono nelle profonde valli confinate da aguzzi monti ricoperti di ghiacciai; prati fioriti si alternano a boschi che ammantano i fianchi delle montagne prima di lasciare il passo ai cespugli alpini; graniti e scisti metamorfiche colorano il suolo roccioso di cangianti sfumature e la fauna che, poco intimorita dalla presenza umana si avvista con molta facilità, è un coacervo ben riuscito di endemismi e peculiarità.
I ripidi pendii ospitano lo stambecco siberiano (Capra sibirica), mentre il raro Argali (Ovis ammon) pascola sui versanti più dolci. Ben 5 specie di cervi popolano la zona, tra cui il Wapiti dell’Altai (Cervus elaphus sibiricus), l’alce (Alces alces), la renna di foresta (Rangifer tarandus valentinae), il cervo muschiato siberiano (Moschus moschiferus) e il capriolo della Siberia(Capreolus pygargus). Fino a poco tempo fa, anche la rara gazzella della Mongolia (Procapra gutturosa) veniva avvistata su questi monti.Il bisonte era presente nelle montagne Altai fino al Medio Evo, forse addirittura sino al tardo XVIII secolo.

Ovviamente, la pletora di erbivori che errano nell’immenso paesaggio mantiene sana la catena alimentare fornendo risorse ai grandi predatori. Tra questi uno, certamente, può essere definito il sovrano incontrastato del regno:
il leopardo delle nevi (Uncia uncia). Considerato tra i più rari, e certamente il più schivo (tanto da esser stato soprannominato “gatto fantasma”), felino al mondo, questo leopardo bianco maculato dalla coda lunga e folta trova tra i monti Altai l’habitat ideale e una delle aree di riproduzione preferite.
Grazie all'abbondanza di prede, anche altri grandi carnivori vivono nella zona. Sono molto diffusi il lupo, la lince e l'orso bruno, e nelle aree più settentrionali anche il misterioso ghiottone. C’è chi conferma che fino agli inizi del XX secolo la tigre venisse regolarmente avvistata nelle zone meridionali dei monti nei pressi della cittadina di Barnaul.
Mole sono anche le specie di piccoli mammiferi come il Pika (Ochotona alpina), lo scoiattolo artico (Citellus undulatus) e il Chipmunk siberiano(Tamias sibiricus). Un piccolo topo che realizza la sua tana all’interno dei tronchi di betulla, lo Sicista pseudonapaea, è endemico.
Questo complesso e variegato ecosistema è, pero, a rischio. Il ghiacciaio Aktru, incastonato tra queste magnifiche montagne, è un indicatore dei grandi cambiamenti in corso. Una foto in bianco e nero scattata nel 1960 appesa alle pareti di un rifugio della zona mostra quanto questo ghiacciaio si sia letteralmente liquefatto rispetto ad oggi. Quasi metà della sua bianca lingua si è ritirata nella bocca dei monti. Col mio gruppo di ricerca abbiamo scoperto che soltanto tra l’estate dello scorso anno e questa il ghiacciaio si è ridotto di ben 15 metri.
Questo complesso e variegato ecosistema è, pero, a rischio. Il ghiacciaio Aktru, incastonato tra queste magnifiche montagne, è un indicatore dei grandi cambiamenti in corso. Una foto in bianco e nero scattata nel 1960 appesa alle pareti di un rifugio della zona mostra quanto questo ghiacciaio si sia letteralmente liquefatto rispetto ad oggi. Quasi metà della sua bianca lingua si è ritirata nella bocca dei monti. Col mio gruppo di ricerca abbiamo scoperto che soltanto tra l’estate dello scorso anno e questa il ghiacciaio si è ridotto di ben 15 metri.

I cambiamenti climatici rappresentano un’ulteriore minaccia per il re indiscusso di queste altitudini. Le uniche immagini di ciuccioli di leopardo delle nevi sono state scattate da alcune foto-trappole posizionate grazie all’aiuto di un ex bracconiere nel 2013. Erano le prime mai scattate. Nulla si sa della sua riproduzione, delle relazioni tra maschi e femmine, delle cure parentali, etc. Alcune immagini di un leopardo delle nevi adulto sono state scattate nell’Aprile 2015 nel Parco Nazionale Sailugemsky, di recente creazione, e questo fa ben comprendere quanto le attività di ricerca e le misure di conservazione siano necessarie. Negli ultimi vent’anni i bracconieri hanno ucciso più di 10 leopardi delle nevi nella zona per venderne le loro pelli e parti del corpo sul mercato nero della medicina tradizionale cinese. Se si considera che il leopardo delle nevi è incluso nella categoria “in via di estinzione”della Lista Rossa IUCN e si stima che la popolazione sia inferiore ai 4.000 individui, di cui solo 2.500 si ritiene siano in grado di riprodursi in natura, è facile comprendere come l’uccisione di anche soli 10 individui per ventennio possa rappresentare la condanna definitiva per la specie.
Ma non sono solo i mammiferi a caratterizzare la regione. Molti uccelli popolano i cieli dei monti Altai tra i quali alcune specie simbolo come il Grifalco (Falco altaicus), lo Zokor siberiano (Myospalax myospalax), l’Aquila reale (Aquila chrysaetus)e le Gru (Grus leucogeranus e Grus vipio)e la Cicogna nera(Ciconia nigra). Anche i rettili e gli anfibi abbondano nelle zone steppiche e desertiche, e tra le pozze e i rivoli d’acqua, che incessantemente si alternano a montagne e ghiacciai senza soluzione di continuità. La maggior parte di questi vertebrati è endemica, così come lo sono molti insetti, tra tutti la bella farfalla apollo della Siberia (Parnassius apollo sibiricus). La regione, essendo rimasta per lungo tempo isolata e poco studiata, è spesso teatro della scoperta di specie ancora non classificate. Molti artropodi che vivono nell’Altai, ad esempio, risultano ancora ignoti alla scienza.
Certamente l’incredibile diversità faunistica la si deve alla presenza di una vegetazione varia e tipica di ecosistemi molto differenti tra loro che si distendono dalle valli sino alle vette delle alte montagne. Fino a un'altitudine di circa 300 metri s.l.m. sul lato settentrionale e 600 metri su quello meridionale, la flora ricorda quella europea, con abbondanza di larici ai piedi dei rilievi. La flora della steppa si distribuisce sino a quote di 250-360 metri e nelle valli spesso sino a 1.600 m. D’improvviso, salendo, è la vegetazione alpina a fare da padrona del territorio. Alberi come la Betulla, il Pioppo e il Pino cembro crescono a quote tra 1900 e 2475 m, mentre gli abeti non superano l’altitudine di 760 m. I prati alpini annoverano primule, astragali, aquilegie e iris. Ben al di sopra del limite altitudinale della vegetazione arborea crescono la Saxifraga oppositifolia (fino a un'altitudine di 2595 m) e la famosa Dryas octopetala, pianta dalla quale ha preso il nome uno stadiale (periodo geologicamente breve di clima freddo) recente. Solo un albero,il Larice siberiano (Larix sibirica), cresce spesso fino a un'altitudine di 2130 m,entrando nel guinness delle piante con fusto che crescono a maggior altitudine.

La regione del Gobi-Altai al confine con la Mongolia è sicuramente la più biodiversa in termini floristici e annovera molte specie minacciate o a rischio di estinzione. Tra queste, alcune piante dalla particolare conformazione a cuscino crescono perfettamente adattate a un ambiente povero di nutrienti e sono caratterizzate da una serie di adattamenti fisiologici particolari finalizzati alla sopravvivenza, come la crescita lenta e la riproduttività ritardata. Queste “piante a cuscino” vengono considerate veri e propri ingegneri dell'ecosistema grazie alla loro capacità di mantenere temperature e umidità più elevate nel suolo sotto di esse rispetto alle aree adiacenti. Alcune alterano persino la concentrazione di macronutrienti nel terreno, arricchendolo e consentono ad altre specie di colonizzare più facilmente gli ambienti brulli che le piante a cuscino abitano.
I Monti Altai hanno mantenuto un clima così stabile dopo l'ultima era glaciale. Non solo la combinazione di mammiferi è rimasta sostanzialmente la stessa dell’epoca con poche eccezioni come i mammut estintisi, ma anche la storia dell’uomo si è preservata in queste particolari condizioni. Oltre, infatti, agli infiniti anfratti distribuiti su tutto il territorio e decorati da magnifiche pitture rupestri,nel 2008,nella Grotta di Denisova è stato scoperto un altro eccezionale reperto antropologico:un ominide (che ora porta il nome appunto di Uomo di Denisova), risalente a circa 40.000 anni fa. I Denisovani erano contemporanei dei Neanderthal e dei primi Homo sapiens, discendenti da ominidi che hanno raggiunto l'Asia prima degli esseri umani moderni. All’interno della stessa grotta sono state scoperte ossa di Neanderthal e strumenti realizzati da Homo sapiens, aspetto che rende questo luogo l'unico al mondo in cui è certa la presenza contemporanea dei tre ominidi.
La regione dei monti Altai non smette mai di sorprendere. Così è facile ritrovarsi dinanzi a pastori a cavallo kazaki e, a pochi passi di distanza, osservare falconieri mongoli esercitare le loro antiche tecniche di caccia. Questo luogo affascinante è ritenuto anche l’origine di un enigma socio-culturale noto come fenomeno Sei ma-Turbino, avvenuto intorno all'età del bronzo (4000 anni fa) e caratterizzato da una migrazione rapida e massiccia dei popoli della regione in parti distanti dell'Europa e dell'Asia. La ragione di questi spostamenti è pochi chiara, ciò che è certo, invece, è che questi magici territori custodiscono tracce inestimabili di storia naturale. Un museo a cielo aperto risparmiato dal turismo di massa e apprezzato da chi, in punta di piedi, vuole e vorrà conoscere le bellezze nascoste del mondo.
La natura unica dei Monti Altai
di Roberto Cazzolla Gatti*
*Biologo ambientale ed evolutivo, Professore associato in Ecologia e Biodiversità, Tomsk State University, Russia
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