La Valle della Caffarella. Nel cuore dell’Antica Roma, un luogo che racchiude vestigia del passato in una cornice naturale straordinaria

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La Valle della Caffarella

Nel cuore dell’Antica Roma, un luogo che racchiude vestigia del passato in una cornice naturale straordinaria

di Fabrizio Fantera

“Oggi sono stato alla Ninfa Egeria, poi alle Terme di Caracalla e nella Via Appia a vedere le tombe ruinate e quella meglio conservata di Cecilia Metella, che dà il giusto concetto della solidità dell’arte muraria. Questi uomini lavoravano per l’eternità ed avevano calcolato tutto, meno la ferocia devastante di coloro che sono venuti dopo ed innanzi ai quali tutto doveva cadere.”

Così Johann Wolfgang Goethe descrive le antiche rovine incontrate nella campagna romana durante il suo Viaggio in Italia, l’11 novembre 1786. Oggi questo è il paesaggio che possiamo ammirare camminando nel Parco Regionale dell’Appia Antica a Roma, in particolare nella Valle della Caffarella. Questo celebre esempio della campagna romana racchiude al proprio interno molte vestigia del passato unite ad un ambiente naturale particolarmente vario e ben conservato: un museo all’aria aperta di dimensioni vastissime. Goethe ci ricorda che i monumenti romani erano pensati per resistere al tempo mentre i popoli che occuparono la città con la caduta dell’Impero fecero strame di luoghi e memoria abbandonando al loro destino le opere dell’ingegno e dell’arte romana. L’8 settembre del 1953, con sorprendente lucidità, Antonio Cederna, giornalista e intellettuale del secondo novecento riprende il tema goethiano e lancia il suo grido sulle colonne de Il Mondo: “I gangsters dell’Appia” ovvero “la calata dei nuovi barbari”. Per impedire la speculazione in questa porzione della campagna romana di fronte all’indifferenza dello Stato, Cederna propone la tutela dell’intera area. A partire dal 1954, una serie di vincoli paesaggistici interesserà la prima parte dell’Appia Antica fino all’XI miglio, alle pendici dei Colli Albani. Il 10 novembre 1988, la Regione Lazio istituisce il Parco regionale dell’Appia Antica e primo presidente sarà proprio Antonio Cederna.

 LA VALLE DELLA CAFFARELLA

Il parco prevede al suo interno la Valle della Caffarella, un’area a ridosso dei grandi agglomerati urbani del quartiere Appio-Latino, frutto della speculazione edilizia del dopoguerra e miracolosamente scampata alla devastazione selvaggia del mattone. Ma il miracolo è stato possibile grazie alla determinazione iniziale di pochi cittadini che daranno vita al Comitato per il Parco della Caffarella, una vera spina nel fianco delle istituzioni e delle amministrazioni locali. Con l’approvazione nel 1996 del Piano di utilizzazione della Caffarella nell’ambito della Legge per Roma Capitale iniziano gli espropri, non ancora conclusi, che consentiranno ai cittadini di poter fruire di questo straordinario polmone verde di ben 132 ettari. La Valle è delimitata dalle Mura Aureliane immediatamente fuori Porta San Sebastiano, via Latina a est e via Appia Antica a ovest con via dell’Almone che collega le due strade consolari. Siamo dunque nel cuore del sistema città dell’Antica Roma come ci fa capire il poeta latino Marziale che parla di ”ogni grazia di Dio che offre la campagna dell’Almone: cavoli, porri, lattughe, biete”. La zona era pertanto un luogo cruciale per l’approvvigionamento dell’Urbe che, ricordiamo, arriva a contare oltre un milione di abitanti nell’età antonina. Il fiume Almone che scorre al centro della Valle parallelamente all’Appia Antica, per poi tagliarla all’altezza della vecchia cartiera ora sede del Parco, crea un ambiente ripario che ospita molte specie animali e, insieme alle Marrane che scorrono sul fondo valle, alimenta con le sue acque gli orti. Il Parco, irregimentando diversi corsi d’acqua, ha creato una zona umida con capanno di birdwatching che risulta essere un unicum a poche centinaia di metri dal centro di Roma. Nello specchio d’acqua si incontrano molte specie di anatidi nonché un airone cinerino che ha eletto la Caffarella a suo domicilio. Un buon binocolo e il silenzio assoluto consentono ai visitatori di godere di uno spettacolo di natura straordinario. Ma l’Almone non è soltanto il terzo fiume di Roma, la sua storia ci viene narrata da Ovidio ne I Fasti (9 d.C.) con l’intento di indagare e rivisitare tutti i riti, le festività e le consuetudini tipiche del costume e dell’uomo romano. Il Poeta ci parla della Lavatio Matris Deum proprio nel luogo dove il fiume Almone confluisce nel Tevere, una cerimonia per ringraziare la dea Cibele, la Grande Madre, giunta a Roma durante la fase conclusiva della seconda Guerra Punica.

LA CIVILTA’ DELL’ACQUA

L’acqua dunque è ancora una volta la protagonista della storia di Roma. I grandi acquedotti che corrono nella campagna e si stagliano con le loro forme imponenti sul paesaggio agricolo della Capitale ne sono un vistoso esempio. Il Parco degli acquedotti, immediatamente a est della Caffarella, con i suoi sette acquedotti, racconta di un passato e di una civiltà fondati sull’acqua. E all’interno del Parco della Caffarella, lontano dalle aree più frequentate, si erge il ninfeo di Egeria, divinità minore legata alle acque e alle sorgenti così come Almone era il dio del fiume. Un luogo magico dove la natura rivaleggia con l’architettura romana dando l’impressione di una grotta artificiale. Egeria era la sposa di Numa Pompilio, il secondo re di Roma successore di Romolo e la leggenda vuole che i due si incontrassero in questo luogo appartato per amoreggiare. In realtà la costruzione apparteneva al Triopio, grande possedimento agricolo appartenente a Erode Attico, amico di Marco Aurelio e marito di Annia Regilla, dove questi sfuggiva alla calura estiva passeggiando e banchettando in un luogo fresco. L’acqua che alimenta la fontana proviene da una sorgente acidula che non corrisponde esattamente all’attuale sorgente Egeria, la cosiddetta Acqua Santa di Roma, con lo stabilimento situato in via dell’Almone molto popolare tra i cittadini che portano con sé le bottiglie vuote per riempirle alla fonte. Un’ abitudine consolidata negli anni tra le famiglie di Roma.

UN PARCO VISSUTO

Ma un’area agricola laziale non è tale senza la presenza degli ovini. Le greggi delle pecore in Caffarella indubbiamente creano quel paesaggio bucolico distintivo della campagna romana che, insieme ai tanti ruderi sparsi intorno, ricordano i dipinti dei pittori europei grand tourer a Roma. Nello splendido casale della Vaccareccia, costruito nel 1547 dalla famiglia Caffarelli che aveva unificato valli, boschi e prati in una unica proprietà, è ospitata un’azienda agricola che alleva pecore e produce formaggi tra cui la tipica ricotta che può essere acquistata fresca, pronta per un ottimo piatto di spaghetti da preparare non appena rincasati. La Ricotta è anche il corto di Pasolini del 1963 ambientato nella zona degli acquedotti a cui fanno da sfondo stridente e indifferente i palazzoni della Tuscolana e dell’Appia Nuova. Proprio al confine con la città abitata, nel settembre 2015, è stata inaugurata con una grande festa popolare la Casa del Parco all’interno del Casale Vigna Cardinali. La Casa, oltre a un simpatico caffè e una efficiente ciclofficina con noleggio bici, offre una serie di servizi molto apprezzati dagli abitanti dei quartieri che circondano la Valle; laboratori didattici per le scuole, ludobiblioteca, mercato contadino, eventi musicali, centri estivi. Iniziative compatibili con l’ambiente del Parco che tendono ad avvicinare giovani e adulti a un modello di comportamento virtuoso e rispettoso della flora e della fauna del luogo.

 

STORIA E NATURA

Nel bosco misto, nella sughereta e nella lecceta della Caffarella prevalgono le specie vegetali caratteristiche della flora laziale. Infatti, non lontano dal tempio di Cerere e Faustina, trasformato nel ‘600 nella chiesa di S.Urbano, sorge il Bosco Sacro costituito da tre lecci secolari circondati da piante più giovani nate dalle stesse ghiande dei lecci più anziani. Questo bosco sacro è l’unico di cui si ha notizia sin dal tempo degli antichi romani fino alle feste fuori porta dell’800 e della prima metà del ‘900. Oltre ai molti uccelli presenti nell’area umida, spiccano anche rapaci diurni e notturni come il gheppio e il gufo comune che utilizzano come riparo le cave di pozzolana abbandonate negli anni. L’avifauna della Caffarella include ben il 77% delle specie nidificanti a Roma. Il Parco rappresenta infatti il corridoio biologico più importante per l’ingresso di elementi di naturalità nel centro urbano. Il simbolo del Parco è la volpe (Vulpes vulpes), una specie tipica dell’ambiente antropizzato con un alto livello di tolleranza ai vari tipi di disturbo dovuti alle attività dell’uomo. Piccoli mammiferi come il riccio e il coniglio europeo, anfibi come la rana verde e la raganella italiana, rettili come la lucertola muraiola, il biacco e l’orbettino occupano i vari ambienti naturali della Valle. Ma la battaglia per la salvaguardia di questo luogo così ricco di storia e di natura non è ancora conclusa. Le aree di immenso valore storico-artistico-naturalistico della Caffarella a ridosso dell’Appia Antica espropriate nel 2005 sono ancora detenute dagli ex-proprietari in qualità di detentori precari. Finalmente, il 30 ottobre 2019, il Comune di Roma è rientrato in possesso dell’area dell’ex concessionaria di una grande casa automobilistica che occupava un fienile risalente al XVII secolo, censito dalla Carta dell’Agro, sul quale esiste una sovrapposizione di vincoli archeologici e paesaggistici: una presenza palesemente in contrasto con le finalità del Parco. Le attività umane presenti in tutta l’area devono essere compatibili con questo luogo unico e certamente un deposito auto non ha lo stesso impatto di un vivaio di piante. Occorre pertanto affrontare la complessità del problema con molta lungimiranza ma occorre anche continuare a vigilare affinché la visione di Antonio Cederna diventi una realtà del tutto compiuta.