Quanto è green Sanremo?

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Quanto è green il festival di Sanremo?

Di Daniele Durso

La questione ambientale legata ai sistemi di produzione discografica e allo streaming musicale è sotto i riflettori da anni. La relazione fra musica e ambiente deve diventare più sostenibile

 

Questa è la settimana del Festival di Sanremo, un evento importante della cultura italiana, che coinvolge tutto il mondo della comunicazione, con interessi, gossip, pubblicità e un mucchio di soldi. E proprio in questi giorni, è opportuno forse porsi anche un’altra questione: in termini ambientali, il festival è green? Considerando tutto quello che nei mesi successivi il Festival porta con sé, la risposta è negativa. Che si tratti di riproduzione dal vivo, di CD, di vinile o di device digitali di piccole o grandi dimensioni, l’ascolto della musica ha un costo ambientale molto alto. Insomma inquina: rilassarsi sul divano e ascoltare musica per qualche ora, dalla televisione o dal nostro impianto stereo o in cuffia con lo smartphone non è un’attività così innocente. Noi ci divertiamo e l’ambiente paga. Sia chiaro, Sanremo non è certo la causa di tutti i mali, ma alcune brevi considerazioni vanno fatte e il Festival ci fornisce l’occasione per affrontarle.

COSTI NASCOSTI

Ascoltare musica non è mai stato così facile e accessibile come oggi. I dispositivi per riprodurla sono ormai principalmente digitali e la mancanza di un prodotto fisico è considerata più sostenibile: ma è sbagliato. La vulgata vuole che lo streaming fornisca un’alternativa più ecologica e invece l’archiviazione e l’elaborazione digitale richiedono enormi risorse ed energia che contribuiscono molto al cambiamento climatico. Secondo una ricerca parallela delle Università di Glasgow e di Oslo, il calo dei costi finanziari per la produzione musicale va di pari passo con le crescenti emissioni di carbonio. In pratica, la quantità di plastica utilizzata dall’industria discografica è significativamente diminuita dal periodo di massimo splendore del vinile, delle ‘musicassette’ e poi dei CD ma, secondo Kyle Ross Devine dell’Università di Oslo “il passaggio all’ascolto di musica connesso a Internet ha comportato emissioni di carbonio significativamente più elevate rispetto a qualsiasi momento precedente della storia della musica”. In un libro pubblicato meno di due anni fa, Devine analizza l’arco di vita e morte di vari dispositivi musicali, osservando tre fasi: la produzione, la circolazione e la trasmissione, e lo spreco finale. E così sappiamo che -nei soli Stati Uniti- dal 1977 al 2016 la produzione di plastica dell’industria discografica è passata da 58 milioni di kg a circa 8 milioni, con un risultato apparentemente positivo per l’ambiente, ma in realtà le emissioni di gas serra sono passate da 140 milioni di kg a 300 milioni. Dunque anche in campo musicale bisogna lavorare molto per la decarbonizzazione e le società di streaming musicale hanno obblighi urgenti da rispettare. Insomma godiamoci pure il Festival di Sanremo ma non dimentichiamo di tenere sott’occhio responsabilità e costi ambientali.