Il mito è tornato. I cinghiali, dagli antichi Greci ai Celti, da Oriente a Occidente. Dai borghi medioevali alle nostre città

Un animale che non lascia indifferenti gli uomini. I metodi naturali per una pacifica co-esistenza

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Il mito è tornato. Dagli antichi Greci ai Celti. Da Oriente a Occidente. Dai borghi medioevali alle nostre città. Il cinghiale non lascia indifferenti gli uomini. I metodi naturali per una pacifica co-esistenza

di Alfredo Incollingo

 

I cinghiali, sempre più frequentemente, si aggirano per le strade e i parchi urbani alla ricerca di cibo mentre nelle aree interne disabitate del nostro Paese sono tornati a essere l’animale egemone, come accadeva nell’età medievale, quando gli uomini si erano ritirati in rocche isolate, circondate da una natura bestiale e oscura, e i branchi di cinghiali si spostavano liberamente per le vaste foreste che coprivano buona parte del continente europeo. Ma non era solo per la minaccia che rappresentavano per quanti si addentravano nelle selve, per difendere le coltivazioni e preservare l’incolumità di boscaioli e viandanti che gli uomini consideravano la caccia all’ungulato una pratica venatoria fondamentale. Nel Medioevo cristiano, i cinghiali erano considerati animali diabolici, dominati dalla violenza e dalla lussuria.

Sacro o diabolico?

Certo è che, nel corso dei secoli, su questo animale si è stratificato un notevole repertorio simbolico.

I Celti lo consideravano una creatura sacra alla dea Arduinna, un nume tutelare delle foreste, che si manifestava agli uomini sotto le sembianze di un cinghiale.

L’ungulato era anche l’animale-totem della casta sacerdotale dei druidi, che si cibavano delle sue carni per entrare in estasi mistica. Non è un caso, infatti, se l’Età dell’Oro per i Celti era la cosiddetta Era del Cinghiale Bianco, un’epoca di pienezza spirituale, che ha dato il titolo a un celebre album del cantautore Franco Battiato.

L’animale era sacro non solo alla dea Arduinna, ma anche a Lug, dio della guerra, che spesso si ritraeva con a fianco un possente cinghiale. Coraggioso e virulento, l’ungulato rappresentava un modello positivo per i Celti che andavano in battaglia. Tanto che veniva raffigurato sui loro vessilli di guerra.

Le leggende irlandesi sono ricche di racconti su lunghe e cruenti cacce al cinghiale, descritti spesso come animali aggressivi e indomabili. È il caso, per esempio, del ciclo epico dedicato al mitico cacciatore Fionn Mac Cumhaill, che si batteva senza mai indietreggiare contro queste feroci creature.

Sahrimnir, invece, era un cinghiale smembrato e cotto ogni giorno dal cuoco degli dei Norreni, Andhrimnir, che, dopo essere stato mangiato, resuscitava per essere macellato di nuovo il giorno successivo, in eterno. Sahrimnir, dunque, incarnava la sostanza divina, inesauribile e fondamentale per la vita.

Altri ungulati compaiono nelle saghe mitologiche dei vichinghi. Gullinbursti, per esempio, era la fedele cavalcatura di Freyr, dio della bellezza, così come Hildisvini lo era di Freia, dea dell’amore.

I greci, al contrario, avevano una pessima reputazione del cinghiale. Lo consideravano una creatura malaugurante al servizio degli dei infernali, perché si muoveva con il favore delle tenebre e il suo manto nero presagiva un destino fatale per quanti lo avvistavano.

Ares, dio degli Inferi, si era trasformato in un grande cinghiale per fuggire dalla guerra in corso tra gli dei dell’Olimpo e i Titani ed evitare così lo scontro con il terribile gigante Tifone.

Durante una battuta di caccia, il bellissimo Adone, tanto amato dalla dea Afrodite, era stato ucciso da un ungulato inviato da Ares, geloso del fascino che il giovane esercitava sulla sua divina sposa.

Ercole, impegnato nel superare le dodici fatiche, era stato costretto a catturare il ferocissimo cinghiale Erimanto, che seminava terrore tra la popolazione dell’Arcadia.

Come quarta fatica, Euristeo, re di Tirinto, aveva ordinato all’eroe greco di imprigionare l’animale. Dopo averlo scovato nel suo nascondiglio, lo aveva inseguito a lungo per tutta la regione, fino a quando Erimanto, stanco, si era lasciato catturare da Ercole. Dopo averlo legato, lo aveva portato da Euristeo che, spaventato alla vista di quella bestia, si era nascosto in una botte.

La tradizione religiosa indiana, infine, annovera tra gli avatar del dio Visnù un ungulato. Si tratta della terza incarnazione della divinità, Varaha, che, trasformato in un grande cinghiale, si era gettato nelle acque cosmiche per salvare Prthivi, la dea Terra, dal demone Hiranyaksa.

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Contenimento ecologico

Nel nostro mondo antropizzato, l’umanità si è concentrata in grandi agglomerati urbani abbandonando campagne e montagne. Gli animali selvatici hanno quindi nuovi spazi dove vivere e riprodursi. L’attività venatoria, però, li fa disperdere altrove. Come trovare una co-abitazione pacifica che consenta agli animali selvatici di vivere, agli imprenditori agricoli di lavorare, alle auto di percorrere le strade extraurbane limitando il rischio di incidenti?

Sono molti gli ambiti in cui la coabitazione si rivela difficile. I cinghiali, ad esempio, grufolano sui campi coltivati, attraversano la strada, entrano nei centri urbani e li si incontra durante passeggiate ed escursioni. Ma certamente la caccia non è una soluzione. Anzi. Molti biologi evidenziano come dove la pressione venatoria è più alta i cinghiali femmina iniziano a partorire in età precoce.  I cinghiali vivono in società matriarcali. Recenti studi hanno evidenziato come un feromone, emesso dalle “matrone”, blocca l’estro delle femmine più giovani. L’attività venatoria, compromettendo l’equilibrio dei gruppi, lasciandoli quindi senza le “matrone”, favorisce l’estro delle femmine più giovani che iniziano subito a riprodursi, anche due volte all’anno.

La soluzione passa, invece, per i metodi ecologici di contenimento. La fauna selvatica, per legge, può essere abbattuta solo se l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) verifica l’inefficacia dei metodi ecologici. Che però, spesso, non vengono affatto applicati!

L’ISPRA, ad esempio, evidenzia lo scarso ricorso alle recinzioni benché si tratti di uno strumento efficace e coerente con le norme che impongono il ricorso a metodi incruenti di prevenzione. E per questo sollecita forme di incentivazione per l’installazione e la manutenzione di questi sistemi

Riguardo agli incidenti con gli animali selvatici, la prima causa è la velocità e il non rispetto delle norme stradali. A parte una guida più attenta occorre tener presente che gli animali selvatici, se non vengono disturbati da eventi esterni, come una battuta di caccia, si spostano dalle aree di riproduzione a quelle in cui accudire i cuccioli, da quelle di ricovero a quelle in cui cibarsi, utilizzando molto spesso gli stessi sentieri, i corridoi ecologici. Con una tecnologia relativamente semplice, ed economicamente sostenibile, è possibile installare un sistema chiamato “Safe Crossing” che permette di prevenire gli incidenti. Il sistema è costituito da sensori che rilevano la presenza degli animali in prossimità o sulla carreggiata, da un cartello che segnala agli automobilisti la presenza degli animali solamente quando effettivamente ci sono e da un altoparlante che entra in funzione nel caso in cui l’automobilista non rallenti, spaventando l’animale e allontanandolo dalla strada.

Quanto agli animali in città, I cinghiali entrano nelle aree urbane alla ricerca di cibo che trovano facilmente solo se lo smaltimento dei rifiuti è inadeguato. Basterebbe chiudere i rifiuti umidi in cassonetti ancorati e non apribili perché i cinghiali, non trovando cibo disponibile, tornino nelle aree zone boschive.

Per saperne di più www.emergenzacinghiali.org