Le meraviglie di Yellowstone

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Le meraviglie di Yellowstone


Testo e foto di Roberto Cazzolla Gatti*

Un vero gioiello, frutto di una lunga storia naturale. Qui i processi ecologici e geologici si sono armonizzati dando forma a una straordinaria e preziosissima biodiversità.


Se volessimo racchiudere tutto nel libro dei record, basterebbe ricordare che Yellowstone, nel 1872, è stato il primo parco nazionale ad essere istituito nel mondo. Ma è sfogliando le ben più interessanti pagine del libro della Natura che questa straordinaria area protetta rivela tutta la sua bellezza.

Il Parco Nazionale di Yellowstone custodisce una vastità di storie umane e naturali in continua evoluzione. Le tracce di presenza umana nella regione di Yellowstone risalgono a oltre 11.000 anni fa quando molte tribù e civiltà usarono il parco come rifugio, terreno di caccia e via di trasporto molto prima dell’arrivo degli europei in territorio americano.

PREZIOSA BIODIVERSITA

Questo immenso scrigno naturale è tanto meraviglioso quanto complesso. Fu istituito, inizialmente, per proteggere le aree idrotermali che ne punteggiano il paesaggio e che rappresentano circa la metà di tutti geyser attivi del mondo, in quello che viene denominato sistema dei Greater Yellowstone. Con i suoi novemila chilometri quadrati, è uno dei più grandi ecosistemi primari (nel senso di poco impattati dalle attività umane) della zona temperata della Terra. Oggi custodisce un’enorme diversità di vita terrestre, acquatica e microbica. Eppure, non è sempre stato così.

C’è stato un tempo in cui, ad esempio, il bisonte americano pascolava per gran parte dell’America del Nord con una popolazione di decine di milioni d’individui. Tale abbondanza rese questa specie fondamentale per i nativi americani poiché da esso poteva essere ricavato gran parte di quello che era gli necessario. Prima dell’addomesticamento dei cavalli e dell’invenzione della polvere da sparo, i nativi cacciavano i bisonti a piedi con una tecnica che prevedeva di abbattere decine di animali indirizzandoli verso i dirupi dove morivano in seguito alla caduta. Un singolo “salto”, come viene denominata questa strategia di caccia indigena rappresentata in dettaglio nei molti diorami presenti nei centri visita del parco, permetteva di sostenere i membri di una tribù per un intero anno, fornendo cibo e materiali per abbigliamento, alloggio, strumenti e molto altro.

CAMPAGNA DI STERMINIO

Come spesso accade, però, non furono gli indigeni a mettere a repentaglio la sopravvivenza delle popolazioni autoctone. Quando gli europei iniziarono a colonizzare i territori dell’ovest americano nel 1800, il nuovo esercito che si stava insediando iniziò una campagna di sterminio per rimuovere le tribù di nativi dal territorio colonizzato, eliminando la loro principale fonte di cibo: il bisonte. Centinaia di migliaia di magnifici  bisonti (insieme a cervi, lupi e orsi) furono uccisi dalle neo-truppe statunitensi e dai cacciatori europei. Verso la fine del 1880, le grandi mandrie di bisonti che un tempo dominavano il paesaggio erano quasi scomparse. Solo alcuni animali trovarono protezione nei ranch privati. Nella zona di Yellowstone, il loro numero si ridusse a circa due dozzine, sopravvissuti prevalentemente nella Pelican Valley.

Il rischio di perdere per sempre una delle specie più simboliche e significative del Nordamerica, stimolò i primi interventi di conservazione per preservare una specie selvatica attraverso la tutela del suo habitat. Fu così che Yellowstone iniziò a veder incrementare la sua popolazione di bisonti in uno dei primi casi di conservazione biologica documentati. Nel 1902 vennero acquistati 21 bisonti da proprietari privati ​​che iniziarono a mescolarsi con la popolazione in libertà del parco, fino a quando nel 1954 il loro numero risalì a circa 1.300 individui.

RINASCITA

Oggi, dopo oltre un secolo di protezione, la fauna selvatica del parco è abbondante e diversificata, famosa quanto i suoi geyser. Yellowstone conta circa 300 specie di uccelli, 16 specie di pesci, 5 specie di anfibi, 6 specie di rettili e 67 specie di mammiferi, tra cui sette specie di ungulati autoctoni (comprese le enormi alci) e due specie di orsi, l’enorme grizzly e il più mansueto black bear.

È facile, ad esempio, avvistare le marmotte che corrono a nascondersi al passaggio dei visitatori a passeggio lungo le estese passerelle che circondano le sorgenti idrotermali, dal forte odore di zolfo, mentre branchi di lupi cacciano nelle vallate poco distanti. Le dinamiche naturali di Yellowstone si svolgono in un contesto ecologico che, rispetto alla maggior parte delle situazioni in tutti gli Stati Uniti e in buona parte del mondo, è stato meno intaccato dall’alterazione umana. Questo rende il parco una riserva naturale d’inestimabile valore e un serbatoio di conoscenze biologiche unico.

L’IMPORTANZA DEI GEYSER

E se i binocoli sono necessari per ammirare i wapiti che brucano tra le conifere o i cuccioli di grizzly che si inerpicano tra le montagne innevate seguendo le proprie madri protettive, le caratteristiche idrotermali di Yellowstone rendono necessario uno sguardo al microscopio per ben comprenderne la natura. I numerosi geyser diffusi in ogni angolo di quest’area protetta, oltre ad essere la prova dell’attività vulcanica in continuo fermento della Terra, rappresentano anche habitat in cui organismi microscopici noti come archea e batteri termofili (cioè amanti del calore) proliferano come quasi nessun altro essere vivente sia in grado di fare.

Il famosissimo Grand Prismatic Spring, con i suoi colori iridescenti che vanno dal giallo al blu in relazione al tipo di microorganismi che compongono ciascuno strato, è un eccezionale esempio di questa duplice caratteristica geologica e biologica. Insieme a questi termofili, alimentati dall’energia e degli elementi chimici forniti dalle sorgenti idrotermali, vivono pochi altri organismi estremofili, come acari, insetti volanti, ragni e qualche specie vegetale adattatasi a condizioni fisiologiche al limite.

Oggi molti gruppi di ricerca studiano i microrganismi termofili di Yellowstone poiché alcuni di questi sono simili alle prime forme di vita capaci di ricavare energia tramite la fotosintesi; in grado, cioè, di utilizzare la luce solare per convertire acqua e anidride carbonica in ossigeno, zuccheri e altri elementi essenziali. Questi primordiali esseri fotosintetici, chiamati cianobatteri, crearono l’atmosfera ricca di ossigeno e povera di CO2 che ha sostenuto e sostiene la vita sul pianeta, compresa quella umana. Questi studi microbiologici hanno portato a una ridefinizione dell’albero della vita che appare, ora, molto diverso da quello precedentemente immaginato. Non solo un ramo è tripartito tra animali, piante e funghi, ma gli altri due sono costituiti esclusivamente da microrganismi: gli archea e i batteri. Ci sono, infatti, buoni motivi per credere che i primi organismi evolutisi sul pianeta Terra erano ipertermofili e prosperavano in pozze con temperature superiori agli 80° C. Questi esseri viventi primordiali, che hanno permesso l’evoluzione della biodiversità, continuano ancora oggi a sopravvivere nei discendenti diffusi tra pozze acide e geyser fumanti.

Ciò che può essere ammirato a Yellowstone, mediante un binocolo o un microscopio e, spesso, semplicemente a occhio nudo è il frutto di una lunga storia naturale che illustra come i processi ecologici e geologici si siano armonizzati, in una sorta di ballo della vita, e abbiano influenzato l’evoluzione biologica dando forma alla straordinaria biodiversità che popola questo gioiello incastonato tra le alte montagne e le immense pianure, all’intersezione tra Montana, Wyoming e Idaho.

*Biologo ambientale ed evulutivo; Professore Associato, Biological Institute, Tomsk State University, Russia