I Grampi del Golfo di Taranto ricoprono un ruolo chiave nella conservazione degli habitat
testo e foto di Stefano Bellomo

Molto diffusi nei nostri mari, i Grampi sono ancora poco noti per gli scarsi dati disponibili. Il prezioso lavoro di un gruppo di ricerca che, dal 2009, svolge un monitoraggio costante su questi straordinari Cetacei
Le informazioni disponibili riguardo osservazioni di cetacei nel Mar Ionio riportano la presenza di otto diverse specie di cetacei: stenella striata (Stenella coeruleoalba), tursiope (Tursiops truncatus), delfino comune (Delphinus delphis), zifio (Ziphius cavirostris), capodoglio (Physeter macrocephalus), balenottera comune (Balaenoptera physalus), globicefalo (Globicephala melas) e grampo (Grampus griseus).
Proprio quest’ultima specie, il grampo, è sempre più oggetto di studio del team di ricercatori della Jonian Dolphin Conservation (JDC), associazione di ricerca scientifica che opera dal 2009 nel Golfo di Taranto (Mar Ionio Settentrionale) per lo studio e la tutela dei cetacei. Con una lunghezza compresa tra i 2,5 ed i 4 metri, ed un peso che va dai 500 ai 600 kg di peso, il grampo è tra le specie di cetacei più imponenti del Mar Mediterraneo. Pur costituendo una specie notoriamente presente nel nostro mare, sono tra i cetacei più elusivi e la comunità scientifica, ancora oggi, ignora molti aspetti della loro vita, al punto che la IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) li ha classificati come DD (Data Deficient) nel Mediterraneo, proprio per la scarsità di dati disponibili.
PASSI AVANTI
Negli ultimi anni 3 anni (dal 2018 al 2020) però, gli sforzi di ricerca del team JDC sono stati premiati con 78 avvistamenti di questi animali nel Golfo di Taranto. Le osservazioni ed i dati raccolti, analizzati dal team JDC in simbiosi con il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Bari ed il Dipartimento STIIMA del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), hanno permesso di compiere importanti passi in avanti verso la conoscenza di questi animali, soprattutto le loro abitudini ed i legami sociali tra gli individui. Tutto questo, sia per compiere avanzamenti di conoscenza in ambito biologico, ma soprattutto, al fine di tutelare le risorse naturali dell’intero Golfo di Taranto. Questi grandi predatori sono teutofagi, ovvero si nutrono quasi esclusivamente di molluschi cefalopodi (come calamari e totani) e svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento del buono stato di salute degli habitat marini, garantendo così la produzione di tutte le risorse e di tutti i servizi che l’uomo utilizza: cibo, ossigeno, riciclo dell’acqua, regolazione del clima e molto altro.
SPECIE CHIAVE
In ecologia, queste specie, sono chiamate “specie chiave”. Proprio come in un arco è presente un “punto chiave”, la cui caduta porterebbe alla rottura dell’intera struttura, così la scomparsa delle specie chiave avrebbe gravi conseguenze sull’intero ecosistema. Il termine scientifico che spiega gli effetti dei predatori in un ecosistema è chiamato “top-down control” (letteralmente tradotto in “controllo dall’alto verso il basso”), cioè dall’apice alla base dell’ecosistema. Predatori e prede sono strettamente collegati tra loro negli ecosistemi perché fanno parte della rete trofica. Una delle scoperte più salienti dell’ecologia negli ultimi decenni e sempre più oggetto di studio al fine di gestire al meglio una determinata area, infatti, è proprio quella legata ai legami tra i livelli trofici, ovvero tra un anello e l’altro della catena alimentare. Non è solo il loro ruolo chiave a rendere i grampi estremamente interessanti. Anche le loro caratteristiche fisiche e comportamentali li rendono animali unici. Presentano una testa globosa, con al centro un caratteristico solco. Alla nascita sono di color grigio e, crescendo, passano ad un color brunastro, per poi schiarirsi sempre più, sino a raggiungere una colorazione grigio chiara e, talvolta, quasi completamente bianca, soprattutto nei grandi maschi. Questo è dovuto al fatto che la loro pelle si schiarisce con l’età e, soprattutto, perché accumulano sul loro corpo svariate cicatrici, causate principalmente dall’interazione con conspecifici (ovvero altri animali della stessa specie) e, in minor misura, a causa dell’interazione con le loro prede preferite, i calamari mesopelagici. Il loro habitat prediletto è in prossimità della scarpata continentale, in corrispondenza di acque profonde tra i 400 e gli oltre 1000 m di profondità.
LEGAMI STABILI
Le curiosità relative a questa specie non sono ancora finite. A differenza di specie di cetacei di dimensioni inferiori, come le stenelle striate o i tursiopi, che vivono in una società estremamente dinamica in cui i gruppi si separano e riuniscono tra loro abbastanza continuamente ed a differenza di specie più grandi, come i capodogli, caratterizzati da una più statica organizzazione sociale, con unità matriarcali molto stabili, i grampi si collocano idealmente al centro tra queste due organizzazioni sociali. Presentano sì una sorta di dinamicità dei gruppi, ma sono molto stabili e duraturi i legami tra individui dello stesso sesso, i quali vanno così a formare dei cluster (o gruppi) ben specifici. La particolarità di questo comportamento è legata soprattutto alla formazione di legami duraturi nel tempo, una sorta di alleanza, tra individui maschi adulti, i quali cooperano in fasi importanti del ciclo loro ciclo vitale come la riproduzione, la difesa di un territorio e la caccia. Principale attività di ricerca legata a questi animali è la foto-identificazione, ovvero la tecnica non invasiva che permette di riconoscere uno ad uno i singoli animali, grazie all’osservazione e alla caratterizzazione di segni particolari (le loro cicatrici) sulla loro pinna dorsale.
IDENTIFICATI DUE GRUPPI
Grazie a questa tecnica, i ricercatori JDC, hanno identificato gli individui presenti nell’area (una comunità di circa 120 esemplari identificati) e li monitorano con costanza anno dopo anno, raccogliendo informazioni sempre più importanti ed utili alla loro tutela. Il team JDC ha così osservato nel Golfo due gruppi distinti. Il primo definito amichevolmente “il gruppo di “Mario e Surf”. Mario è un giovane maschio con una caratteristica cicatrice a forma di “m” sul fianco (da qui il nome Mario) e di “Surf”, la sua grande mamma, una femmina adulta di dimensioni notevoli. Il gruppo vede la presenza, inoltre, di un gruppo di sette maschi molto uniti tra loro, osservati sin dal 2013. Un secondo gruppo viene incontrato solitamente un po’ più al largo ed un po’ meno spesso del primo, ed anch’esso è caratterizzato da un gruppo di maschi legati stabilmente tra loro ed altre femmine, tutte “vecchie conoscenze” dei ricercatori JDC e che, nel 2020, hanno regalato tantissime emozioni perché, durante i vari avvistamenti avvenuti, erano sempre accompagnate dai loro nuovi nati. Agli studi di foto-identificazione si affiancano attività di ricerca legate alla bio-acustica e studi etologici. Tutto ciò è possibile grazie alla cosiddetta Citizen Science, la scienza partecipata dai cittadini. Migliaia di visitatori, tra studenti, appassionati e turisti, partecipano ai programmi della JDC come “Ricercatore per un giorno” ed i “Marine Biology Camp”, contribuendo alla ricerca dei cetacei del Golfo di Taranto e vivendo esperienze uniche, navigando nel Grande Blu.
SPECIE MINACCIATA
Questo sforzo, però, potrebbe non bastare. Le minacce per questa specie sono presenti e tendono ad aumentare nel corso degli anni. Inquinamento chimico delle acque, il sovrasfruttamento della pesca, l’inquinamento acustico (causato da un eccessivo traffico navale, prospezioni sismiche e sonar), ingestione di plastica e, soprattutto, catture accidentali (bycatch) negli attrezzi da pesca, come le reti da posta, mettono a serio repentaglio la sopravvivenza di questi animali. Il team JDC continua, giorno dopo giorno, a solcare le acque del Golfo di Taranto, raccogliendo dati utili a comprendere questi meravigliosi animali e, soprattutto, per far sì che vengano tutelati sempre più. Un intervento molto importante e di prossima attuazione, realizzato in concerto con più stakeholders, tra cui il Comune di Taranto, è l’istituzione dell’Oasi Blu, ovvero, un’area di tutela off-shore (ovvero al largo) per questi animali. Quest’area sarà tecnicamente un’ASPIM, ovvero “Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo”, o SPAMI (dall’acronimo inglese “Specially Protected Areas of Mediterranean BImportance”), ed è la denominazione che viene assegnata ai siti di importanza per la conservazione della biodiversità nel Mediterraneo. La sua istituzione sarà un importante punto di partenza scientifico, burocratico ed istituzionale, che porterà benefici all’intero ecosistema marino ed all’uomo stesso, perché, così facendo, verrebbero tutelate le risorse ed i servizi che il mare e la sua biodiversità producono, appunto, per l’uomo.