Pelagos, il paradiso sotto scacco
di Milena Dominici
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Uno sguardo a un progetto che coinvolge Liguria, Toscana e Francia: nel santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo dove le aree ad alta concentrazione di plancton sono minacciate dall’accumulo di microplastiche.
Il Santuario Pelagos per i mammiferi marini è un’area marina di quasi 90mila chilometri quadrati destinata alla protezione dei cetacei, gestita dai tre Paesi che si affacciano su questa zona del Mediterraneo: Italia, Francia e Principato di Monaco.
Pelagos rappresenta un ecosistema di grandi dimensioni e di grande interesse scientifico grazie alle sue caratteristiche naturali e al patrimonio di biodiversità che custodisce. Un patrimonio che subisce pesantemente gli impatti delle attività umane e dell’inquinamento.
I rifiuti dispersi nell’ambiente marino rappresentano un grave pericolo per le specie marine e se i problemi più noti riguardano l’aggrovigliamento e l’intrappolamento di pesci e mammiferi, è l’ingestione delle plastiche a suscitare ulteriore preoccupazione perché può portare a malnutrizione, morte per soffocamento, ostruzione del tratto intestinale, inedia e, ancora, a problemi per il sistema endocrino a causa dell’esposizione alle sostanze tossiche contenute o adsorbite dalla plastica (ftalati, PCB e altre sostanze).
Nel Mar Mediterraneo ci sono 250 miliardi di frammenti di plastica che galleggiano in superficie. La plastica rappresenta il materiale più presente, con percentuali che arrivano al 95%, dei rifiuti accumulati tra coste, superficie marina e fondali (UNEP, 2015). Si stima che, nelle acque dell’Arcipelago Toscano, la plastica in superficie raggiunga picchi di densità pari a 10 kg/km2, una delle concentrazioni più elevate nel Mar Mediterraneo e negli oceani di tutto il mondo. Ciò che vediamo sulla superficie del mare è solo la punta dell’iceberg, perché la plastica è presente anche nella colonna d’acqua e in quantità ancora maggiori sui fondali marini, dove si stima che superi le 100 milioni di tonnellate.
Recenti studi, condotti proprio nel Santuario Pelagos, hanno dimostrato come le aree di accumulo delle microplastiche (frammenti più piccoli di 5 millimetri), coincidano con quelle in cui si concentra il plancton di cui si nutrono le balenottere comuni. È così che le microplastiche possono entrare nella catena alimentare di questi grandi filtratori e esporli ai microorganismi (batteri, alghe, virus, invertebrati microscopici) che colonizzano i rifiuti plastici in mare, la cosiddetta “Plastisfera”, un nuovo ecosistema marino composto da specie potenzialmente patogene che mettono a rischio la salute di delfini, balene e altri cetacei nelle acque del Santuario e la biodiversità del Pianeta.
Intervenire con urgenza
Proprio la Plastisfera sarà il “sorvegliato speciale” del nuovo progetto Pelagos Plastic Free di Legambiente in partnership con l’associazione francese Expédition MED, che si pone l’obiettivo di prevenire e ridurre i rifiuti di plastica nel Santuario Pelagos.
Per i cetacei è ormai appurato, a livello mondiale, che l’inquinamento chimico ha aggravato l’insorgere di diverse patologie e che l’inquinamento biologico è in aumento. Questo problema può essere esacerbato proprio dalla plastica, le cui elevate quantità rilasciate nell’ambiente marino negli ultimi cinquant’anni accrescono di fatto le possibilità di dispersione di patogeni dannosi anche per gli umani.
Tutti gli studi confermano che la cattiva gestione a monte è la principale causa della dispersione dei rifiuti anche in mare e che è urgente agire, in sinergia con le amministrazioni locali, gli operatori del mare e i cittadini, sensibilizzando e diffondendo le pratiche virtuose per frenare la produzione di rifiuti plastici e migliorare i processi di riutilizzo, riciclo e smaltimento.
Azioni che è necessario intraprendere urgentemente soprattutto per evitare l’incremento dell’inquinamento da plastica negli ecosistemi marini. La frammentazione dei rifiuti plastici è la prima fonte di produzione di microplastiche, una forma di inquinamento impossibile da quantificare e difficile da rimuovere, che suscita molte preoccupazioni, vista la presenza di questo materiale nei contenuti stomacali di pesci, tartarughe, mammiferi marini e in organismi filtratori come, ad esempio, le cozze.
Nel progetto finanziato dal Segretariato Pelagos con la partecipazione del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, del Parco Nazionale delle Cinque terre, Mareblu, Novamont e Unicoop Firenze, saranno coinvolte autorità costiere, aree protette, associazioni dei pescatori, università e istituti di ricerca, scuole, turisti, diving e volontari.
Nello specifico, il progetto Pelagos Plastic Free agirà su tre fronti: governance, monitoraggio scientifico e sensibilizzazione di stakeholders specifici. Il primo step riguarderà il tema dei rifiuti perché dalla raccolta differenziata in casa alle infrastrutture per il ritiro, dal trasporto allo smaltimento e al riciclo, esiste un’intera filiera da potenziare. Il progetto prevede la raccolta, diffusione e promozione delle migliori pratiche nel settore, tramite workshop di condivisione con le amministrazioni locali in Liguria, Toscana e Francia. Innanzitutto è stata monitorata la plastica galleggiante nelle acque del Santuario Pelagos e sono stati prelevati campioni da analizzare alla foce del fiume Arno e nel porto di Pisa e in alcuni porti della Francia. L’analisi del DNA delle comunità di microrganismi costituenti la Plastisfera del Santuario, effettuate dal NIOZ (l’Istituto Olandese per la Ricerca Marina), servirà a identificare le specie di alghe, batteri e virus che proliferano sui rifiuti di plastica, influenzando gli equilibri dell’ecosistema marino.