Che colpa ne ho
di Francesco Castaldo

I cinghiali vanno a grufolare sui campi coltivati, attraversano la strada, entrano nei centri urbani e li si incontra durante passeggiate. D’altro canto, la specie autoctona è stata sostituita, i corridoi ecologici spezzati ed è colpa della cattiva gestione dei rifiuti ad attirarli in città. La convivenza è difficile ma la soluzione è nei metodi ecologici
Viviamo in un mondo sempre più antropizzato, in cui l’umanità però si concentra in grandi agglomerati urbani abbandonando campagne e coltivazioni in ambiente montano. Gli animali selvatici hanno quindi nuovi spazi da occupare per vivere e riprodursi, spazi però perturbati dall’attività venatoria che li fa disperdere altrove. In questo contesto, è possibile co-abitare pacificamente, permettendo agli animali selvatici di vivere, agli imprenditori agricoli di lavorare, alle auto di percorrere strade extraurbane limitando il rischio di incidenti?
Il cinghiale che vediamo nelle nostre campagne, boschi e, a volte, nelle nostre periferie, non è la specie autoctona che abitava nel nostro Paese oltre sessant’anni fa. Quelli erano cinghiali di dimensioni più piccole, meno prolifici e concentrati in alcune zone specifiche. I cinghiali che vivono oggi in Italia sono stati importati dall’Europa dell’est a scopo ludico, per l’attività venatoria. Più grandi e prolifici di quelli autoctoni, si sono riprodotti e distribuiti su gran parte del territorio nazionale grazie anche ad una maggiore capacità di adattamento. Inoltre esistono prove di ripopolamento sul territorio di questi cinghiali, autorizzati da Province e Regioni mentre i casi di immissioni abusive sono costanti nel tempo e arrivano fino ai giorni nostri.
Quattro è meno di dieci
Sono molti gli ambiti in cui la coabitazione si rivela difficile. Intanto, i cinghiali vanno a grufolare su campi coltivati, attraversano la strada, entrano nei centri urbani e li si incontra durante passeggiate ed escursioni.
Le nostre amministrazioni hanno sempre tentato di risolvere il conflitto coabitativo con una soluzione semplicistica, basata su una banale sottrazione aritmetica: se una determinata area è abitata da dieci cinghiali e di questi dieci ne elimino sei (con effetti collaterali causati dall’attività venatoria), ne rimangono quattro. Quattro è minore di dieci e quindi minori sono le probabilità che sorgano difficoltà. Problema risolto, giusto? No, sbagliato.
Caccia e Matriarcato
Molti biologi evidenziano come l’attività venatoria induca una risposta di compensazione della popolazione: dove la pressione venatoria è più alta i cinghiali femmina iniziano a partorire in età più precoce. I cinghiali vivono in società matriarcali, basate su famiglie governate da “matrone”. Recenti studi evidenziano che un particolare feromone, emesso dalle “matrone”, blocca l’estro delle femmine più giovani, limitando i parti ad uno all’anno per gruppo e solo da parte delle “matrone”. L’attività venatoria compromette l’equilibrio dei gruppi, disgregandoli: senza le “matrone”, le femmine più giovani vanno in estro e iniziano subito a riprodursi, anche due volte all’anno.
Quei quattro cinghiali superstiti, dopo dodici mesi potrebbero diventare trentadue (due parti di sette cuccioli per coppia).
Un’interessante ricerca che analizza i dati della diffusione del cinghiale, in un periodo di oltre vent’anni e legandoli all’attività venatoria, evidenzia che nonostante il numero di cacciatori stia progressivamente diminuendo la pressione venatoria sulla specie è in costante aumento, passando dai 500.000 individui del 2010 al milione del 2020 (dati ISPRA).
Metodi ecologici vs abbattimenti
Le nostre amministrazioni spesso ignorano quanto prescrive la Legge 157/92 che tutela la fauna selvatica e regolamenta l’attività venatoria. La norma stabilisce che gli abbattimenti possono essere autorizzati se l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (ora ISPRA) verifica l’inefficacia dei metodi ecologici applicati. Ora, accade che l’ISPRA evidenzi come ci sia uno scarso ricorso alle recinzioni elettrificate per prevenire i danni da cinghiale alle attività agricole benché si tratti di uno strumento efficace e coerente con le indicazioni normative che impongono il ricorso a metodi incruenti di prevenzione. E per questo l’ISPRA ritiene necessarie forme di incentivazione per l’installazione e la corretta manutenzione di questi sistemi. L’Istituto sottolinea inoltre che l’utilizzo prevalente dei “prelievi” non appare affatto risolutivo. I dati evidenziano che a fronte di un incremento regionale degli abbattimenti in controllo (+ 121% tra il 2016 e il 2017), a cui andrebbero aggiunti i cinghiali prelevati durante la caccia di selezione, non è corrisposta alcuna contrazione dei danni che, anzi, sono aumentati dell’11%.
Certo, le recinzioni elettrificate hanno un costo che però diminuisce in base alla quantità acquistata. I nuovi modelli di recinzione, inoltre, ricaricano le batterie con pannelli solari. Un sistema di alimentazione che evita la necessità del collegamento con la rete elettrica o di ricaricare le batterie quotidianamente e in grado di segnalare con un messaggio eventuali cali di tensione in un determinato segmento della recinzione permettendo interventi puntuali. Si tratta quindi di un sistema evoluto, che necessita di manutenzione minima e che molti Enti danno in comodato d’uso agli agricoltori. Una scelta saggia considerando che per l’Ente è più conveniente prevenire i danni piuttosto che rimborsarli
Incidenti stradali e Safe Crossing
La prima causa di incidente con gli animali selvatici è il non rispetto delle norme del codice della strada. L’elevata velocità, unita alla scarsa attenzione ai lati dei tratti di strada in cui è presente il cartello “Animali selvatici vaganti” rende molto più probabile investirli.
Mentre è bene che le autostrade siano interamente recintate per prevenire l’ingresso di animali selvatici e domestici, non è certo pensabile circondare di recinzioni l’intera rete di strade extraurbane principali e secondarie. Non sarebbe una strategia economicamente perseguibile e neppure necessaria.
Gli animali selvatici, posto che la loro tranquillità non venga perturbata da eventi esterni (come una battuta di caccia) si spostano dalle aree di riproduzione a quelle in cui accudire i cuccioli, da quelle di ricovero a quelle in cui cibarsi, utilizzando molto spesso gli stessi sentieri, i corridoi ecologici. Corridoi che noi umani abbiamo tagliato costruendo strade.
Con una tecnologia relativamente semplice ed economicamente più sostenibile è possibile installare un sistema chiamato “Safe Crossing” che permette di prevenire gli incidenti. Il sistema è costituito da dei sensori che rilevano la presenza degli animali in prossimità o sulla carreggiata, da un cartello che segnala agli automobilisti la presenza degli animali solamente quando effettivamente ci sono, e chiede di ridurre la velocità rientrando nel limite, ed un altoparlante che entra in funzione nel caso in cui l’automobilista non rallenti, spaventando l’animale e allontanandolo dalla strada.
Il sistema è stato installato con successo anche in Italia, nelle Valli del Verbano per gli ungulati e a Terni per l’orso marsicano. Un sistema, quindi, utile a prevenire gli incidenti e capace di sgombrare il tavolo dal tema della sicurezza stradale, uno dei pretesti più utilizzati dalle associazioni venatorie e agricole per incrementare il numero di cinghiali abbattibili.
Cinghiali in città
I cinghiali entrano nelle aree urbane alla ricerca di cibo che trovano facilmente se lo smaltimento dei rifiuti è problematico. Chiudere i rifiuti umidi all’interno di cassonetti non apribili dai cinghiali (anche semplicemente ancorati alla parete con una catena, in modo che non li possano rovesciare) fa in modo che non trovando cibo disponibile desistano, tornando nelle zone boschive.
È altresì importante che le persone non diano loro del cibo altrimenti si vanifica ogni sforzo per una coabitazione pacifica. Per ogni umano gentile, che crede di fare un gesto altruista nutrendo un animale selvatico affamato, ce n’è un altro pronto a chiederne l’abbattimento proprio perché l’animale selvatico gli si è avvicinato.
Se si incontra un cinghiale
I cinghiali caricano per difendersi, quando percepiscono un pericolo e non trovano altre soluzioni. Cosa percepisce come un pericolo, un cinghiale?
Beh, ad esempio un umano che gli urla contro nel tentativo di scacciarli, un umano che si avvicina loro, un umano che tocca uno dei loro cuccioli, un cane che ringhia. Nel caso si incontrasse un cinghiale, per non essere caricati, basta stare loro distanti (come bisognerebbe fare con qualunque altro animale selvatico) ed eventualmente trattenere il cane con cui si passeggia. I casi portati alla luce dalla cronaca, in cui effettivamente un cinghiale ha caricato delle persone, si sono verificati durante battute di caccia oppure con persone con cani liberi al seguito.
Il controllo della popolazione di cinghiali
Il primo passo per ridurre il tasso di natalità è interrompere l’attività venatoria, così che i parti si riducano a uno, per gruppo di cinghiali, per anno. In secondo luogo, si può controllare la fertilità. Non certo con interventi chirurgici di castrazione e sterilizzazione, rischiosi sugli individui adulti, poco pratici e molto costosi. Gli studi più recenti sul controllo della fertilità vertono sui vaccini immunocontraccettivi. L’immunocontraccezione si ottiene esponendo un animale ad un antigene che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi contro proteine o ormoni essenziali per la riproduzione. Di conseguenza i contraccettivi immunitari possono prevenire l’ovulazione, la produzione di spermatozoi o la fecondazione.
I dati indicano che l’iniezione del vaccino nel 30% della popolazione di cinghiali ne causerebbe una riduzione del 60% in 5 anni.
